Da tempo la biometria genera notevole interesse tra ricercatori e scienziati in quanto considerata una possibile ed inesauribile risorsa volta ad incrementare la sicurezza, soprattutto in materia di accesso a dispositivi che richiedono un’autenticazione. Incoraggiati da tonnellate di pellicole sci-fi, gli studiosi hanno tentato di trasformare in password la forma più variegata e difficilmente clonabile a disposizione: l’essere umano.
Tra i settori più attivi in questo tipo di ricerca va sicuramente segnalato quello focalizzato sulla scansione della complessa struttura di vene e capillari : dopo i tentativi di Sony e, soprattutto, di Hitachi , anche Fujitsu ha annunciato di essere al lavoro per creare un dispositivo in grado di leggere la conformazione venosa situata nel palmo della mano. Il prototipo, sul quale l’azienda sembra puntare molto, è in grado di leggere la conformazione delle vene anche se la mano da scansionare risulta essere in movimento alla velocità di un metro al secondo, con un’esposizione pari ad un millisecondo ed un frame rate di 30fps. Ciò si traduce in maniera automatica nell’assenza della necessità di contatto fisico con il device: nonostante ciò, secondo i ricercatori, la precisione delle immagini ottenute sarebbe del tutto simile a quella ottenuta con gli altri device della stessa tipologia.
“Questa tecnologia racchiude in sé tutti i vantaggi del riconoscimento delle vene tradizionale, dimostrandosi sicura poiché è difficile da replicare dal momento che analizza un parametro biometrico interno al corpo umano, nonché esente dall’azione di fattori esterni e – spiegano i ricercatori – assolutamente igienica, dal momento che non è previsto il contatto tra dispositivo e il palmo della mano”. Un dispositivo del genere potrebbe prestarsi a diversi utilizzi, non solo all’autenticazione per l’accesso a sistemi informatici o ambienti ristretti, ma anche all’autenticazione in materia di pagamenti: un sistema basato su tale tecnologia potrebbe permettere di saldare conti con la sola imposizione delle mani. Al momento, comunque, non è dato sapere molto sui piani futuri relativi ai dispositivi dotati di tale tecnologia: Fujitsu sembra essere al lavoro per migliorare il dispositivo riducendone al contempo costi e dimensioni.
Ma non è la mano l’unica parte del corpo umano in grado di fungere da strumento univoco di identificazione: uno studio svolto dai ricercatori della University of Southampton mostrano come anche l’ orecchio possa essere utilizzato per tale scopo. Ciò sarebbe possibile grazie alle emissioni octoacustiche , suoni generati all’interno dell’orecchio che funge come vera e propria cassa di risonanza : tali suoni, compresi in un range tra 0 e 5 kilohertz e catturabili solo da microfoni ultra sensibili variano da persona a persona e possono essere quindi utilizzati come strumento di identificazione.
Per identificare una persona basterebbe quindi registrare i suoni emessi in risposta ad un preciso imput, in genere una serie di beep, generando una sorta di password sonora. Al momento dell’autenticazione, il sistema provvederà ad emettere i suoni nell’orecchio e a registrare la risposta sonora. Se l’analisi del suono prodotto sarà conforme al suono matrice, il dispositivo darà il via libera all’utente. Secondo i ricercatori un dispositivo del genere sarebbe molto utile nell’evitare frodi telefoniche soprattutto in ambito di banking telefonico e, se sviluppato a dovere, potrebbe anche rendere inutilizzabili i telefoni cellulari a chiunque non abbia settato la propria matrice sonora.
“Un aneddoto molto diffuso tra gli audiologi vuole che con la pratica essi siano in grado di stabilire se il suono generato appartenga ad un uomo o ad una donna, riuscendo addirittura a fare distinzioni tra le varie etnie” spiega Stephen Beeby, a capo della ricerca finanziata con i fondi dello UK’s Engineering and Physical Sciences Research Council . Nonostante ciò, tale metodo sembra essere soggetto ad alcune variazioni apportate da elementi esterni: secondo i ricercatori, in soggetti che hanno assunto alcool tali suoni non sarebbero presenti, così come tale tecnologia risulterebbe inutilizzabile in presenza di infezioni interne all’orecchio o cerume.
Per questo motivo l’ambizioso tentativo dell’equipe, quello di stabilire un nuovo criterio di identificazione biometrica, dovrà in qualche modo superare questi ostacoli prima di affermarsi. Prima del termine del progetto, previsto per il 2010, i ricercatori sperano di solleticare l’interesse dei grandi marchi di elettronica, soprattutto coloro che producono dispositivi di telefonia mobile. Secondo i ricercatori, implementare una tecnologia simile non dovrebbe rappresentare un costo esorbitante, dal momento che basterebbe dotare l’altoparlante di un microfono supersensibile e che la maggior parte del lavoro è svolta dalla componente software.
Vincenzo Gentile