L’ Internal Revenue Service ( IRS ), l’agenzia fiscale statunitense, ha specificato che pur operando – in taluni ambienti – come una vera valuta, le monete virtuali non hanno alcun riconoscimento ufficiale e quindi per le tasse non sono tali .
“Operare come una vera valuta” significa , sostanzialmente, fungere da intermediario nelle transazioni e da riserva di valore: a quanto pare, tuttavia, non è l’uso che ne fanno le persone a determinarne la natura (e quindi le leggi cui deve essere sottoposta). L’autorità è tornata sull’argomento attraverso le sue FAQ relative ai dettagli sulla tassazione negli Stati Uniti, spiegando che – nonostante le modalità con cui le monete virtuali sono utilizzate – le autorità federali le considerano ai fini della tassazione alla stregua di una proprietà . È come se chiunque acquistasse un bene dal valore di due dollari con Bitcoin acquistati ad un dollaro realizzasse non solo i due dollari di incasso per il produttore, ma anche il dollaro di profitto per chi lo ha speso.
Questo significa principalmente che la valuta virtuale è tassata come le proprietà, e in quanto tale è soggetta a tutte le comunicazioni necessarie per quanto riguarda lo scambi di beni. Inoltre, eventuali stipendi pagati tramite di essa saranno tassabili agli impiegati.
Ciononostante gli utenti delle valute digitali non sembrano scoraggiati dal difficile percorso di accettazione di Bitcoin e analoghi . Così, mentre la ricerca del fondatore della crittovaluta più famosa diventa sempre più spietata, portando per esempio un reporter di Forbes ad intervistare uno studioso di crittografia ora paralizzato (che può rispondere alle domande solo con lievi movimenti della palpebra), ma che vive a pochi quartieri di distanza da Dorian Nakamoto (il nippostatunitense indicato per primo come creatore), stanno continuando a sorgere nuovi epigoni di BTC.
Da ultimo hanno guadagnato visibilità Scotcoin e Auroracoin, due valute digitali destinate rispettivamente ai cittadini della Scozia e a quelli dell’Islanda .
Claudio Tamburrino