Quanto pesa il mining di Bitcoin in termini di consumo dell’energia? Tanto, tantissimo. Ad affermarlo, o meglio a ribadirlo, è oggi un nuovo report condiviso da Bloomberg (link a fondo articolo). I risultati dello studio condotto sono sostanzialmente in linea con quelli pubblicati la scorsa settimana dal New York Times.
Crypto e sostenibilità: BTC consuma quanto il Pakistan
L’infrastruttura distribuita e decentralizzata su cui poggia la criptovaluta, necessaria per validarne le transazioni, ha assorbito un totale pari a 67 TWh nel corso del 2020. Quest’anno la soglia è già stata raggiunta e superata, con la prospettiva di spingersi fino a 91 TWh. Per meglio comprendere di quale entità si sta parlando, è indicativamente quanto occorre per soddisfare il fabbisogno di un intero paese come il Pakistan. Riportiamo di seguito in forma tradotta un estratto di quanto affermato dai ricercatori.
Con il prezzo di Bitcoin in crescita, sono sempre di più coloro che si uniscono al network per il mining, con apparecchiature meno efficienti dal punto di vista energetico, incrementando così il quantitativo utilizzato. Ciò significa che è essenziale migliorare l’efficienza del mining e passare a fonti a basso impatto per l’approvvigionamento dell’elettricità.
Il grafico qui sopra mostra il consumo quotidiano generato dal mining di Bitcoin negli ultimi anni, espresso in GWh. Il report non si pone come obiettivo quello di demonizzare la moneta virtuale o le operazioni (anche quelle di trading) che la interessano, ma concentra l’attenzione sull’esigenza di migliorare dal punto di vista della sostenibilità, anzitutto impiegando dispositivi e sistemi caratterizzati da una maggiore efficienza.
Nel momento in cui viene scritto e pubblicato questo articolo, BTC è scambiato al prezzo di 44.697 dollari (fonte CoinDesk). Netto il calo fatto registrare nell’ultima settimana: il 7 settembre ha sfiorato la soglia dei 53.000 dollari.