Cosa c’è dentro i Bitcoin? C’è davvero una rivoluzione? C’è davvero una grande tecnologia? C’è davvero una forza decentralizzante in grado di sovvertire gli ordini precostituiti della finanza internazionale? C’è davvero del valore?
Queste domande, fin qui poste quasi in modo retorico ben sapendo in anticipo quali sarebbero le risposte dell’interlocutore di turno, stanno diventando sempre più concrete poiché sempre più dirimenti sul valore del Bitcoin e sul valore di milioni di wallet in tutto il mondo. L’importanza di questi punti interrogativi, infatti, cresce in modo inversamente proporzionale al valore della valuta, la quale sta continuando la propria caduta cambiando in buona parte il punto di vista prospettico dal quale si osserva il mondo crypto.
I massimi sono ora più lontani e l’ottimismo è sempre più nascosto dalle nuvole all’orizzonte. Nuvole tetre, che nel weekend hanno visto il Bitcoin cadere addirittura verso quota 18 mila dollari , salvo risalire a quota 20000 per poi cincischiare nuovamente in mattinata appena sotto questa soglia. I massimi, va ricordato, sono vecchi soltanto di 8 mesi e rispetto a quel momento la caduta è stata pari al 70%.
Bitcoin, interrogativi e valore
Oggi è molto complesso capire cosa possa accadere. Il valore è infatti tornato ad essere esattamente quello che ha creato i presupposti per la grande ascesa successiva (nel 2021) e che nel 2018 aveva invece rappresentato il primo punto massimo in assoluto per una storia che doveva ancora essere tutta scritta. Siamo dunque nuovamente di fronte all’ennesimo bivio: cosa c’è dentro i Bitcoin? C’è davvero una rivoluzione? C’è davvero una grande tecnologia? La risposta di Bill Gates è stata tanto tacita quanto trasparente: “Sono abituato ad altri asset, come una fattoria in cui si produce o un’azienda che realizza prodotti“. Leggasi: nei Bitcoin non c’è niente, dunque non bisogna investire in Bitcoin.
I migliori argomenti a favore degli ottimisti sono state le improvvise ascese del recente passato. Chi ha investito nel weekend approfittando del valore minimo al di sotto dei 19 mila dollari, ad esempio, ha guadagnato il 16% in poche ore e oggi potrebbe già aver liquidato con soddisfazione i propri asset, in attesa della prossima fiammata al rialzo. C’è poi nel mucchio chi ha posizioni “HODL”, convinto che l’ascesa sarà violenta e repentina, raggiungendo nuovi massimi per andare ad interpretare quella rivoluzione che San Salvador, Tesla e altri nomi vedono incarnata in un nuovo tipo di valuta. C’è infine chi resta perché uscire significa perdere un significativo valore, mentre restare significa sperare che succeda qualcosa e salvi l’investimento effettuato.
C’è dunque chi piange sul proprio portafoglio e chi ne apre uno per investire ora, a quotazioni ai minimi, di fronte all’ennesima verifica di mercato. Le previsioni sono sfumature inattendibili di una forbice decisamente troppo ampia: chi vede i minimi a 13000 (valore che sarebbe però quasi un ultimo appello) e chi invece sogna la chimera dei 100.000, con analisi grafiche ispirate spesso più agli sciamani che non ad una reale conoscenza dei fondamentali.
Di oggettivo ormai c’è poco, di soggettivo c’è invece decisamente troppo. Nella curva dell’andamento del Bitcoin c’è tutto quanto successo fin qui, con sbalzi spiazzanti che hanno spesso fatto cambiare improvvisamente direzione alle valutazioni della criptovaluta. In questo spera chi non vuol credere che sia tutto finito qui, che la rivoluzione sia già esaurita, che i wallet siano ormai irrimediabilmente depotenziati: una nuova svolta riporterà in alto il valore e si tornerà al trading ed alla fiducia. La realtà oggi dice però qualcosa di differente ed al momento gli spazi per i sogni sono occupati da speranze e preghiere: il mondo crypto ha ormai visto andare in fumo qualcosa come 2000 miliardi di dollari rispetto ai massimi di novembre. Un “crash” che sa di bolla che esplode e che sul pavimento lascia soltanto molti interrogativi: cosa c’era davvero dentro i Bitcoin? C’era davvero una rivoluzione? E dove sarebbe la grande tecnologia promessa? Ma soprattutto: dov’è finito il valore?