Se le aziende tecnologiche considerano Bitcoin e le altre criptomonete una nuova opportunità di business , le autorità monetarie e gli operatori finanziari tradizionali confermano la loro diffidenza – quando non una vera e propria ostilità – nei confronti delle monete virtuali indipendenti da qualsiasi banca centrale.
La Cina, ad esempio, si è unita al coro crescente di paesi che hanno deciso di mettere al bando le transazioni in BTC fuori e dentro i confini nazionali: la Banca Popolare Cinese ha giustificato il divieto di trafficare in Bitcoin – e persino di visualizzare banner pubblicitari sui motori di ricerca Baidu e Weibo – come un modo per prevenire un possibile rischio finanziario.
In Italia, almeno per il momento, l’ approccio è un po’ più attendista rispetto a quello asiatico: il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato l’istituzione di un registro dei servizi specializzati in monete virtuali, un modo per raccogliere informazioni sul nuovo fenomeno e per assicurare il rispetto delle regole da parte degli operatori di settore.
La volatilità recentemente sperimentata dal valore del Bitcoin ha inoltre spinto i Lloyds britannici e gli istituti finanziari americani (Bank of America, JP Morgan) a imporre restrizioni sull’ uso dei Bitcoin con le carte di credito , imponendo di fatto l’uso di una carta a debito per gli utenti interessati ad acquistare BTC, Monero, Ethereum e compagnia cantante.
A peggiorare una situazione non certo rosea è l’ andamento del mercato dei Bitcoin , con la criptomoneta che in questi giorni è scesa a un valore inferiore ai $7.000 dopo aver raggiunto, nell’ultima parte del 2017, $20.000 di valore. E c’è chi prevede che il tracollo continuerà ancora, almeno fino ai $2.500.