Novembre 2013, il mese d’oro di Bitcoin: in un’inarrestabile cavalcata la moneta virtuale aveva prima superato di slancio i 1.000 dollari di quotazione, e poi si era spinta fino a 1.200. In tanti, tra i primi investitori e sostenitori della cripto-valuta, avevano visto in quella fase la svolta definitiva delle loro esistenze: qualcuno è riuscito a monetizzare e guadagnarci, altri sono finiti scottati dallo scoppio della bolla. Un rapporto anonimo , pubblicato in Rete alla fine della scorsa settimana, mette però ora in dubbio la reale portata di quanto avvenuto: dietro l’ascesa e la caduta di Bitcoin ci sarebbe una mano occulta . Qualcuno getta nella mischia anche l’ipotesi di uno schema ponzi , che tuttavia non combacia appieno con quanto si suggerisce possa essere realmente successo.
Ad aprile 2013 e novembre 2013 la quotazione della moneta virtuale ha subito due impennate significative. Secondo il “Willy Report”, pubblicato su un blog WordPress e finito offline nel giro di poche ore ( qui la copia conservata dalla cache di Google ), quei due momenti particolarmente significativi della storia di Bitcoin non sono stati frutto del caso o di circostanze particolarmente favorevoli: in passato la crescita era stata giustificata con i movimenti conseguenti la caduta di Silk Road, la domanda cinese e alcune aperture da parte di governi occidentali, ma studiando le transazioni l’autore (o gli autori) del rapporto sono giunti ad affermare che ci sarebbero stati almeno due bot (ovvero software automatici) all’opera per gonfiare artificialmente il prezzo della valuta .
Il bot Willy, e il suo simile Markus, avrebbero operato acquisti per l’equivalente di 15-20 dollari ogni 5-10 minuti sul mercato, in particolare sull’exchange ora caduto in disgrazia Mt.Gox. Circostanza singolare, l’acquisto sarebbe proseguito anche durante i momenti di “buio” dell’exchange, ovvero quando normalmente la compravendita era bloccata per i comuni utenti. Nel complesso Willy e Markus avrebbero movimentato oltre 570mila bitcoin, per un valore superiore ai 100 milioni di dollari, senza che ci sia mai stata (a quanto riferito) alcuna effettiva iniezione di valuta reale negli account interessati dalle operazioni: difficile stabilire se questo possa essere bastato a manipolare l’intero mercato, ma gli autori del rapporto non sembrano avere dubbi. Addirittura si lanciano in un’articolata ricostruzione che legherebbe i bot direttamente al fondatore di Mt.Gox, Mark Karpeles, mettendo tra l’altro in evidenza come il numero di Bitcoin acquisito dai bot si avvicinerebbe non poco al numero di monete virtuali di cui l’exchange in bancarotta dice di aver perso traccia .
Trarre considerazioni definitive da un report del genere è impossibile: il mercato del Bitcoin è giovane, unico, e non ha abbastanza storia alle spalle per poter giudicare se le crescite miracolose del 2013 siano state artificiali o spontanee. Il problema, però, ancora una volta più che sulla concezione e la struttura della criptovaluta sembra essere insito nei meccanismi che legano Bitcoin alle valute tradizionali : gli exchange centralizzati, quelli dove si cambiano dollari, euro e ogni altra moneta in Bitcoin, sono l’anello debole della catena, e il fallimento di Mt.Gox con tutti i suoi strascichi è la prova evidente di questa carenza. Una regolamentazione degli exchange avrebbe il vantaggio di aumentarne l’affidabilità, ma naturalmente questa ipotesi cozza violentemente con l’idea stessa del Bitcoin, nato per sfuggire ai lacci e alle leggi statali.
Dopo il crollo seguente il fallimento di Mt.Gox, il mercato Bitcoin è riuscito faticosamente a riguadagnare un proprio equilibrio: al momento il volume giornaliero delle transazioni è relativamente costante, e le quotazioni stanno salendo gradualmente fino a toccare i 600 dollari. È presto per dire se la criptovaluta avrà un futuro solido e duraturo, di certo il business in quanto tale è ancora acerbo e dovrà trovare la soluzione a diverse questioni di tipo strutturale per maturare definitivamente: nel frattempo non manca di attirare l’interesse dei malintenzionati , che approfittano di ogni circostanza (come il lancio dell’ attesissimo Watch Dogs ) per provare a infettare più PC possibili con malware in grado di macinare mining per conto terzi.
Luca Annunziata