Quello che era un sospetto sta assumendo i contorni del caso legale con grande rapidità: secondo quanto rivelato da Bloomberg, il Dipartimento di Giustizia del governo statunitense avrebbe avviato specifiche indagini per provare o fugare un teorema che aleggia da troppo tempo attorno al picco di valore dei Bitcoin dello scorso anno. Sotto accusa vi sono Tether e Bitfinex, due nomi che hanno troppo in comune e che, soprattutto, potrebbero aver messo in piedi un meccanismo doloso di inflazione che ha spinto artificialmente verso l’alto il valore della principale criptovaluta.
Lo scopo? Lucro e speculazione, peraltro con risultati eclatanti. Va ricordato come nel giro di poche settimane il Bitcoin sia schizzato da 4 a 19 mila dollari, con una crescita verticale che spinse molti a immaginare un’esplosione ancor più repentina e duratura. Mentre tutto il mondo guardava a ciò che stava succedendo, tra i timori di bolla e le storie dei primi milionari, qualcosa di strano stava però per emergere: a puntare il dito è stato prima il mondo universitario, quindi alcuni analisti, poi la Commodity Futures Trading Commission e ora la DoJ.
Il sospetto è che una buona parte degli acquisti di Bitcoin sia avvenuta utilizzando un’altra moneta virtuale, ossia Tether: quest’ultima, legata a doppio filo con il valore del dollaro e pertanto identificabile (in qualità di “stablecoin“) come ponte ideale tra le monete reali e quelle virtuali, avrebbe consentito forti speculazioni sul valore del Bitcoin, riuscendo a stimolarne il picco di crescita per almeno il 50%.
Tether per comprare Bitcoin
Il Tether deve il proprio successo al fatto che puntella il valore delle proprie monete con dollari reali (detenuti – ma su questo iniziano a sorgere grossi dubbi – in paradisi fiscali come le Isole Vergini Britanniche). Il CEO, Jean-Louis van der Velde, è altresì amministratore delegato dell’exchange Bitfinex ed è su questo legame che la DoJ sta indagando. Il sospetto è infatti che, tramite l’exchange e il suo rapporto privilegiato con Tether, sia stato messo in piedi un meccanismo inflattivo nei confronti del Bitcoin allo scopo di trarne massimo lucro in breve tempo (durante i giorni del picco le attività di trading su Bitfinex furono estremamente alte). Una volta interrotto questo meccanismo, il valore del Bitcoin si è improvvisamente sgonfiato e nel giro di un anno l’intero surplus di valore è andato completamente in fumo. Va ricordato come tra i massimi vertici di Bitfinex vi sia altresì un italiano, Giancarlo Devasini, nome precedentemente emerso in occasione dei leaks dei Paradise Papers.
In passato le parti chiamate oggi in causa avevano già respinto ogni accusa; Bloomberg spiega, che a seguito dell’ipotesi di indagine del DoJ trapelata in queste ore, né Tether né Bitfinex hanno voluto rilasciare dichiarazioni. I primi studi sul caso sono iniziati lo scorso anno dagli uffici della Commodity Futures Trading Commission ed ora le attività saranno coordinate con il DoJ in cerca della verità su quanto accaduto – e fornendo di conseguenza elementi fondamentali per capire il reale valore odierno e futuro del Bitcoin.
Chi ha acquistato Bitcoin a fine 2017 sfiorando i 20 mila dollari e sperando in una crescita anche fino a 100 mila (si è letto di tutto e di più in proposito) ora si trova con una criptovaluta in caduta libera che si sta avvicinando pericolosamente ai 4 mila dollari. Le indagini della DoJ potranno far luce sul caso, spazzando via un gravissimo dubbio e fugando dubbi perfetti per scrivere la trama di un film sulle criptovalute negli anni a venire (una sorta di ipotetico sequel di “Gold” del 2016). In attesa di risultati, l’indagine della DoJ non fa altro che destabilizzare ulteriormente l’ambiente, alimentando teoremi destinati a pesare sul valore in calo delle criptovalute. Oggi il Bitcoin aleggia attorno ai 4500 dollari, con il suo principale exchange coinvolto in una indagine che sta facendo non poco rumore.