BitGrail, il capitolo conclusivo della vicenda

BitGrail, il capitolo conclusivo della vicenda

Si conclude con la sentenza del Tribunale di Firenze la lunga vicenda che ha visto protagonista l'exchange italiano BitGrail e il furto di NANO.
BitGrail, il capitolo conclusivo della vicenda
Si conclude con la sentenza del Tribunale di Firenze la lunga vicenda che ha visto protagonista l'exchange italiano BitGrail e il furto di NANO.

Stop definitivo all’attività di BitGrail, realtà italiana operante in qualità di exchange nel mercato delle criptovalute con Bitcoin, Ethereum e altre monete virtuali. A stabilirlo il Tribunale di Firenze, dichiarando il fallimento della società. È l’ultimo capitolo di una vicenda di cui si è iniziato a parlare nel febbraio dello scorso anno, quando il fondatore Francesco Firano ha comunicato con un tweet di aver identificato anomalie sulla piattaforma.

BitGrail al capolinea

Non un semplice malfunzionamento del sistema, ma un vero e proprio furto di crypto dal valore equivalente a 170 milioni di dollari, che fin da subito a qualcuno ha richiamato alla mente quanto accaduto nel 2014 alla giapponese Mt. Gox. Questo il messaggio con il quale Firano, attraverso il proprio account Francesco The Bomber su Twitter, ha reso noto di aver denunciato alle autorità competenti le attività fraudolente rilevate.

La piattaforma non permetteva di convertire il patrimonio in valuta di corso legale se non passando da una moneta virtuale chiamata NANO (ex RaiBlocks), oggetto del furto a causa di un problema imputato da BitGrail al software di gestione. Un accadimento che ha provocato la rabbia di coloro che avevano affidato i propri investimenti all’exchange.

In seguito ai fatti del febbraio scorso, BitGrail ha proposto un parziale rimborso ai suoi utenti dando vita ai token BGS (BitGrail Shares). Un’iniziativa che, come si può leggere da alcune discussioni online, non è però servita a placare la delusione né la rabbia di coloro colpiti.

Stando a quanto riporta oggi IlSole24Ore, le indagini condotte dalle autorità hanno fatto emergere che i primi ammanchi sono da far risalire al maggio 2017, ben prima che il gestore ne desse comunicazione agli utenti. Nel trimestre antecedente l’esplosione del caso, la piattaforma avrebbe incassato circa 2 milioni di euro dalle commissioni sugli scambi e sui prelievi.

Facendo poi riferimento ai documenti condivisi dal collettivo BitGrailVictimsGroup (il cui nome è già di per sé piuttosto esplicativo) si apprende che il giudice si è pronunciato dichiarando nei giorni scorsi la bancarotta, attribuendo a Firano (che inizialmente operava attraverso la ditta individuale Webcoin Solutions) e alla BitGrail Srl la completa responsabilità di quanto accaduto, obbligando a rimborsare gli ormai ex utenti-clienti mettendo a disposizione le proprietà personali e della società.

La Corte ha inoltre rilevato che nei giorni antecedenti l’annuncio del furto su Twitter, Firano avrebbe depositato un totale pari a 230 BTC (dal valore di circa 1,8 milioni di dollari) in un portafogli personale attraverso l’exchange concorrente The Rock Trading, tentando poi di prelevarne l’equivalente in euro attraverso ATM abilitati allo scambio con i Bitcoin.

L’ultimo tweet di BitGrail, risalente al giugno scorso, ha ricevuto e continua a ricevere in risposta centinaia di lamentele.

Sotto accusa anche il non aver adottato accorgimenti tecnici e misure di sicurezza tali da impedire la sottrazione dei token: tutto è da ricondurre a un comportamento anomalo della piattaforma che ha permesso di ripetere più volte la stessa operazione, spostando ripetutamente valore da un wallet all’altro, generando così all’ammanco. Un precedente per le dispute riguardanti il mondo delle criptovalute.

Fonte: Medium
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Pubblicato il
28 gen 2019
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