La scorsa settimana, Bitstamp ha annunciato l’introduzione della cosiddetta inactivity fee a partire dall’1 agosto. Si tratta a tutti gli effetti di una “tassa di inattività”, dall’importo pari a 10 euro, applicata agli account con meno di 200 euro sul conto e che non eseguono transazioni sulla piattaforma per un anno. Neanche a dirlo, si è immediatamente sollevato un coro di proteste. Tra account eliminati e feedback negativi, la reazione è stata tale da portare i vertici della società a optare per un repentino dietrofront.
Hanno vinto gli utenti di Bitstamp: via la tassa di inattività
Il nuovo annuncio è giunto dalle pagine del blog ufficiale e con una condivisione social accompagnata da un messaggio ben chiaro: You spoke, we listened
. Questa volta, la community ha avuto la meglio.
Dopo aver ascoltato la risposta della nostra community, abbiamo cambiato rotta. Non ci sarà alcuna tassa di inattività.
📣 We are not implementing the monthly €10 inactivity fee.
Thank you for speaking out, you have been heard.
And we've changed course as a result.
Read more 👇 https://t.co/SqXmYyaeSY
— Bitstamp (@Bitstamp) July 6, 2022
Il post di Bitstamp si chiude chiedendo scusa per qualsiasi eventuale problema causato dall’annuncio. L’aver riconosciuto un proprio passo falso e il non aver ignorato i feedback di certo è cosa apprezzata. E non da tutti.
Il nostro obiettivo è sempre stato quello di costituire una piattaforma di trading sicura e affidabile, in grado di fornire i migliori servizi sul mercato. Non abbiamo intenzione di abbandonare il nostro percorso. Tutti i nostri utenti possono continuare a usare e godere dei nostri servizi, indipendentemente dal bilancio dell’account e dal tempo trascorso dalle attività precedenti. Ci scusiamo per l’inconveniente che questo potrebbe aver causato.
Fondato nel 2011 in Slovenia come alternativa all’allora leader Mt. Gox, successivamente spostato nel Regno Unito e infine in Lussemburgo, l’exchange di criptovalute è uno dei più longevi nel settore.