Una spiacevole odissea legale , che ha visto protagonista una giovane studentessa universitaria in terra britannica. Nel 2007, un regalo pruriginoso al suo fidanzato, con alcune immagini di nudo scattate con la fotocamera del telefono cellulare . Dopo un anno, la tragedia: lo smartphone della ragazza è introvabile, perduto per incuria o rubato da misteriosi malintenzionati.
La studentessa d’Albione avrebbe fatto un’amara scoperta, ritrovando le sue foto piccanti su alcune reti di file sharing non meglio identificate . Misteriosi uploader avevano addirittura collegato le immagini al profilo Facebook della ragazza, mentre qualcuno entrava in contatto con suo padre per ricattarlo.
La High Court di Londra ha ora ordinato il blocco dei caricamenti a mezzo BitTorrent delle fotografie pruriginose della ragazza, chiedendo ai vari provider di sfruttare i dati identificativi associati agli indirizzi IP . Pare che il materiale scottante fosse finito in breve tempo tra i marosi di una “rete di condivisione svedese”.
E ovviamente tutti i pensieri sono stati rivolti al tracker The Pirate Bay, già al centro di numerose richieste di blocco DNS in vari paesi d’Europa. Il giudice britannico ha dunque obbligato i vari ISP a scandagliare il vasto mare degli uploader della Baia, nel tentativo di limitare il rimbalzare delle fotografie.
Ma su quali basi legali? Il giudice di Londra ha sottolineato come l’ingiunzione segua una violazione delle attuali leggi sui diritti umani e in particolare contro le molestie a sfondo sessuale . La studentessa è riuscita ad ottenere l’anonimato sui media – in genere una concessione per le persone pubbliche o famose – seguendo il Protection from Harassment Act del 1997.
Mauro Vecchio