Mentre lo scandalo Datagate procede con rivelazioni sempre più particolareggiate sulle capacità di sorveglianza globale a disposizione dell’intelligence statunitense, il direttore della National Security Agency (NSA) – il generale Keith Alexander – interviene alla conferenza Black Hat nel tentativo di “conquistare” la folla di hacker ed esperti di sicurezza intervenuti a Las Vegas. Tentativo fallito, ma almeno non ha dovuto subire l’onta – che pure si preparava – di ricevere uova in faccia.
L’intervento di Alexander alla conferenza Black Hat – consultabile per intero nella trascrizione testuale o in video – si è concentrato sul tentativo di rassicurare gli esperti in merito alle reali attività di sorveglianza messe in atto dall’intelligence USA, una attività che secondo il generale non è affatto come appare dai leak di Edward Snowden dati in pasto alla stampa mondiale e che soprattutto tiene in massima considerazione la privacy degli utenti statunitensi.
I sistemi di intercettazione dei metadati – la NSA non accede ai dati veri e propri, assicura Alexander – sono accessibili solo a pochi analisti scelti e altamente qualificati, spiega il generale, il livello di controllo e check-up periodico delle operazioni e alto e il meccanismo di intercettazione dei metadati in sé è “il meno intrusivo” individuato dall’intelligence per difendere la nazione e proteggere i diritti civili.
L’idea di discutere nel merito delle rivelazioni di Snowden e dell’esistenza – oramai data per scontata sui mezzi di comunicazione vecchi e nuovi – di programmi di sorveglianza talmente invasivi da rasentare l’incredibile non sfiora minimamente i pensieri del generale, anche se una parte della folla non ci sta e ribatte: noi non ci fidiamo né di te né della NSA.
Alexander è stato accusato di dire “stronzate”, di non conoscere la costituzione USA e soprattutto di aver mentito al Congresso di Washington, e poco ci è mancato che la tensione già alta della conferenza terminasse in farsa con il lancio di uova in direzione del generale. Fortunatamente per la sua uniforme, ci ha pensato la sicurezza interna a confiscare l’arma contundente prima dell’inizio dell’intervento.
Alfonso Maruccia