Nessun finale a sorpresa, niente “e vissero felici e contenti”, né botti finali o deus ex machina che arriva a risolvere le questioni rimaste in sospeso. Niente di quello che amava in un film, cioè, ha accompagnato la chiusura di Blockbuster, il gigante del videonoleggio che sta per dichiarare bancarotta .
Da un lato la concorrenza della pirateria, dall’altro però anche l’ incapacità di adeguarsi ai moderni sistemi di distribuzione di contenuti: basta considerare che avranno certamente contribuito a rosicchiare il suo mercato piattaforme come Netflix (che infatti all’annuncio della bancarotta ha guadagnato in borsa il 6,61) e Redbox, così come iTunes e Amazon Video on Demand con cui era in diretta concorrenza con un proprio servizio di vendite digitali integrate ad alcuni apparecchi elettronici. Così come aveva già chiuso i battenti il secondo più grande attore del settore, la catena di videonoleggio Movie Gallery.
Fatto sta che la più grande catena di videoteche ha accumulato 930 milioni di dollari di debiti (che sta ora cercando di smaltire con una serie di accordi finanziari) e sta per avviare la procedura di fallimento controllata prevista dal Capitolo 11 della normativa statunitense.
Questa procedura dovrebbe essere affiancata da una ristrutturazione aziendale che dovrebbe portare il fatidico passaggio allo streaming: o meglio ad una netta riduzione dei negozi fisici e ad una maggiore attenzione a streaming e DVD recapitati per posta.
Per recuperare terreno sui concorrenti diretti, d’altronde, dovrà puntare su una struttura molto più snella dell’attuale e sui rapporti con le major che le hanno per il momento già permesso di aggiudicarsi, insieme a Redbox, una finestra di 28 giorni di esclusiva sui nuovi titoli.
Claudio Tamburrino