Così Luigi Di Maio, ministro per lo Sviluppo Economico, pochi minuti fa in occasione della presentazione del 33esimo Rapporto ICE e dell’Annuario ISTAT-ICE.
È sconvolgente sapere che noi abbiamo 40 miliardi di euro di Made in Italy vero del mondo e ben 100 miliardi di falso Made in Italy.
Il Governo ritiene che su questo punto occorra agire con determinazione e lungimiranza, ma che non si possa continuare a lavorare con la semplice repressione come fin qui fatto (con grande fatica e con risultati evidentemente modesti). L’intenzione è quindi quella di agire per far sì che il made in Italy non sia soltanto un’etichetta di facciata, della quale chiunque – indiscriminatamente – possa vantarsi, ma un qualcosa di comprovabile e tracciabile grazie alle nuove tecnologie.
Il contrasto all’Italian sounding e il contrasto alla contraffazione passa dunque attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie come la Blockchain, capace di garantire la tracciabilità del prodotto. In tal modo, ogni consumatore sugli scaffali di tutto il mondo potrà, con il proprio smartphone, avere la garanzia che quel prodotto è tracciato e sapere se viene o meno dall’Italia.
Blockchain contro l’Italian sounding
Niente più “spaghetti parmesan”, “milaneze” o “italian pasta”, insomma, se nel piatto non ci sarà vero prodotto italiano, proveniente dall’Italia e italiano al 100%. L’Italian sounding, infatti, si tramuta facilmente in un doppio danno economico: da una parte v’è la perdita di un introito potenziale; dall’altra v’è il falso messaggio di un falso testimone del brand “Italia”. Non sarà facile, non sarà immediato, ma il Governo ritiene che con l’uso della blockchain si possano compiere importanti passi avanti:
Come MiSE abbiamo investito 45 milioni di euro per sperimentare la Blockchain su tre filiere, il tessile, l’agroalimentare e una parte della meccanica di precisione. Questo ci consentirà non solo di tracciare il prodotto ma i singoli pezzi. Ogni singolo pezzo potrà essere tracciato in Blockchain, consentendoci di garantire l’autenticità in generale. Non so quanti anni ci vorranno, ma metteremo tutte le risorse possibili per garantire una riduzione di quel falso Made in Italy. Vuol dire guadagnare sul mercato 100 miliardi di euro di vero Made in Italy. Più ne contrastiamo più ne possiamo guadagnare.
Banda larga e finanziamenti per l’innovazione (non necessariamente nel digitale) sono le parole chiave che completano il discorso, ma la blockchain ha ruolo centrale: all’innovazione è attribuito un importante ruolo nella difesa del Made in Italy, nel tentativo di mettere nelle mani di chiunque, nel mondo, la possibilità di porsi il dubbio sull’effettiva provenienza non solo di un brand, ma anche del singolo prodotto che si ha di fronte. Un’ambizione non da poco, ma pensare che possa realmente incidere sul volume d’affari dell’Italian sounding è qualcosa che ad oggi sembra essere più una chimera che non un vero e proprio programma.