Prosegue la rincorsa di Space X verso la colonizzazione dello Spazio puntando su Marte . Sono anni che l’azienda lavora parallelamente agli enti governativi del calibro di NASA ed ESA per andare in orbita: ma l’azienda privata con sede a San Francisco ha almeno una degna rivale nella sua corsa fuori dai confini terrestri. In questi giorni la navetta spaziale New Shepard progettata da Blue Origin ha condotto con successo i test sull’espulsione di emergenza .
Si tratta della quinta e ultima missione di test del vettore . Per l’azienda ha rappresentato uno step fondamentale: senza la garanzia della messa in sicurezza dell’equipaggio infatti la US Federal Aviation Administration non concederà la certificazione aziendale di trasportare passeggeri umani. A un’altezza di quasi 5mila metri la capsula dell’equipaggio è stata separata dal propulsore e “sparata” via a 400 miglia all’ora così come da procedura. Anche l’atterraggio programmato nella parte occidentale del Texas è avvenuto più o meno come da piano.
Quando i tre paracaduti di cui è dotata la capsula sono entrati in azione, la velocità di caduta è stata rallentata a 16 miglia orarie , ma purtroppo non sono entrati in azione i razzi posteriori che avrebbero dovuto ridurre ancor più la velocità e portare la capsula a terra senza scossoni. Un eventuale equipaggio umano sarebbe comunque sopravvissuto. Nel frattempo la navetta principale ha continuato a salire fino a un’altitudine di oltre 91,44 km in maniera molto più rapida del previsto, visto l’alleggerimento del carico. Per placare la sua rincorsa sono intervenuti i controllori di volo. L’azienda è ora in attesa di sapere se verrà concessa o meno l’autorizzazione al trasporto di umani per poi riprendere i test nel 2018 con un nuovo vettore, il New Glenn , recentemente annunciato .
Sul suo profilo Twitter Jeff Bezos , già fondatore di Amazon e fondatore anche nel 2009 della Blue Origin, non trattiene l’esultanza. La NASA ha premiato l’azienda con 3,7 milioni di dollari in prima battuta e successivi 22 milioni all’interno dell’accordo per il programma commerciale (CCDev) per lo sviluppo di concetti e tecnologie per supportare future operazioni di volo spaziale umano. È proprio sul Launch Abort System (o LAS) che la NASA ha messo gli occhi. Per il resto, i primi viaggi turistici sono attesi per il 2018 (le prime stime dicevano 2010): chissà quando verrà il giorno in cui potremmo scegliere se viaggiare nello spazio a bordo del New Glenn o sul Falcon 9 del concorrente SpaceX, o ancora del più grande Delta IV Heavy sviluppato dalla United Launch Alliance.
Mirko Zago