Bono, frontman, cantante e portavoce della celeberrima band-business irlandese degli U2 è convinto che il problema principale della musica online stia nel fatto che i provider guadagnino sulla circolazione dei brani e non restituiscano nulla agli artisti.
Bono non si fa certo problemi a correggere le dichiarazioni del manager del gruppo , quel Paul McGuinness che si è da tempo ritagliato un ruolo come strenuo difensore dei diritti degli artisti lasciati in panne dai bubboni digitali che divorano l’industria del disco.
In una lettera inviata allo storico magazine inglese New Musical Express , Bono riprende McGuinness quando parla di progetto “fallimentare” dei Radiohead, che avrebbero sostanzialmente pagato l’errore di fare appello alla coscienza e al buon senso dei fan per l’ acquisto a prezzo libero del loro In Rainbows .
Indipendentemente dai numeri di vendita effettivi, che la band di Yorke continua a tenere chiusi in cassaforte in omaggio a un incomprensibile desiderio di segretezza, Bono sostiene che McGuinness ha torto e che i Radiohead “sono stati coraggiosi e immaginativi nel provare a scovare un nuovo rapporto con la propria audience”. I Radiohead hanno avuto immaginazione e coraggio , continua Bono, qualità che “ora scarseggiano… Sono un talento sacro e ci sentiamo benedetti per essere in circolazione proprio ora che lo sono anche loro”.
Ma McGuinness non ha tutti i torti, anzi. Dice Bono che l’attuale situazione della condivisione digitale dei contenuti musicali è facilitata, se non incoraggiata, dai provider di connettività che però non restituiscono nemmeno un centesimo dalla sequela senza fine di brani scambiati sulle maggiori reti di P2P dai loro utenti.
“Siamo d’accordo con il nostro manager che questo è un periodo preoccupante e da mal di testa per molti musicisti che, al contrario di noi, dipendono dalle royalty o dagli assegni dei produttori per pagare l’affitto (gli autori di testi in particolare)”, scrive Bono nella lettera, definendo “preoccupante” il comportamento degli ISP e delle società tecnologiche che si trincerano dietro la “disintermediazione” tra utenti e business musicale per evitare di doversi accollare responsabilità finanziarie .
I provider vanno coinvolti nel supporto agli artisti, sostiene Bono, ed è naturalmente necessario individuare nuove vie di distribuzione dei contenuti musicali per alimentare la spinta propulsiva alla scoperta musicale, schiacciata dall’eccesso di offerta e dalla mancanza dell’intermediazione di cui sopra.
Una strada come quella, ad esempio, del digital delivery di (RED) , la società for-profit che finanzia la lotta all’AIDS in Africa mettendo in vendita prodotti “brandizzati” e spendendo parte del ricavato per l’acquisto di medicinali destinati al Continente Nero. Il nuovo servizio , in avvio questo settembre, offrirà ai sottoscrittori tre pezzi di materiale esclusivo ogni settimana previo pagamento di 5 dollari al mese.
Il menù settimanale di (RED) comprenderà un brano in formato MP3 di artisti affermati, uno di un musicista meno affermato e una “sorpresa” nella forma di una canzone, un video, una storia breve o quant’altro. Il tutto all’insegna, sostiene il presidente di (RED) Don MacKinnon, della scoperta o riscoperta musicale. Bono è convinto che il nuovo canale distributivo abbia le potenzialità per “cambiare il modo in cui la musica viene fruita”, oltre naturalmente – apparentemente in calce alla lista delle priorità – a cambiare le vite degli africani che morirebbero senza i medicinali per l’AIDS che (RED) è in grado di fornire”.
Alfonso Maruccia