All’Europarlamento si è parlato dei rischi per la privacy derivante dalla prossima riforma della policy in materia di Google e della necessità di una regolamentazione internazionale a tal riguardo. E a sollevare il problema è il leghista Mario Borghezio che si è ora interessato ai problemi della Rete e ha diretto alla Commissione Europea un’interrogazione a tal proposito.
Borghezio, schierato con il Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia, si è chiesto come l’istituzione europea si voglia muovere rispetto alle nuove regole che Mountain View applicherà dal primo marzo accorpando in un’unica licenza tutte le policy dei suoi diversissimi servizi. Costituirebbero, a parere di Borghezio, “un grande rischio per la privacy dei cittadini europei” dal momento che s prevede che “i dati caricati restino in memoria nel sistema”. Domanda l’eurodeputato: “Quali azioni ha intrapreso la Commissione a tutela dei cittadini europei riguardo la nuova politica di Google? La Commissione intende procedere verso un’uniformazione internazionale e trans-europea delle norme relative alla privacy? Come tutela i diritti dei cittadini europei di fronte a legislazioni che permettono un accesso ai dati personali che garantiscono una tutela non adeguata nei confronti della privacy?”.
Mentre Borghezio chiede alla Commissione di intervenire, e l’ufficio britannico ICO ( Information Commissioner’s Office ) ha aperto un’indagine nei confronti di Google (con interesse particolare al login proposto agli utenti sui browser Internet Explorer e Safari ), anche negli Stati Uniti vengono sollevati dubbi circa la nuova policy di Google in materia di privacy : una trentina di procuratori generali si sono detti preoccupati e hanno scritto a tal proposito a Larry Page, in particolare puntando il dito contro la condivisione dei dati inseriti da un utente su uno dei suoi servizi con tutti gli altri targati Big G. E un gruppo per la privacy, Center for Digital Democracy , ha chiesto a FTC ( Federal Trade Commission ) di intervenire sui cambiamenti annunciati da Mountain View.
Nel frattempo Washington sta presentando un nuovo disegno di legge in materia di privacy dei consumatori che promette di dare maggior controllo agli utenti, di impedire che i dati raccolti in un determinato contesto vengano utilizzati in uno diverso e di stabilire responsabilità in caso di violazione di tali disposizioni: il Presidente Obama ha affermato , d’altra parte, che “i consumatori statunitensi non possono più aspettare regole chiare che assicurino i loro dati personali caricati online”.
Il National Telecommunications and Information Administration del Dipartimento del commercio ha peraltro riferito di aver già avviato un dialogo con le aziende di settore affinché approvino un codice di condotta interno che applichi il nuovo disegno di legge. In particolare Google, Yahoo!, Microsoft e AOL hanno già promesso di lavorare con tecnologia Do Not Track all’interno dei browser in modo tale da permettere agli utenti di navigare in sicurezza.
Il codice di condotta, uno strumento non nuovo alle aziende ICT e in generale alle multinazionali, ha il difetto di essere affidato alla buona volontà dei soggetti che devono rispettarlo ed in parte all’autorità della FTC. E questo difetto si somma alla difficoltà di trovare contromisure anche tecniche alla questione della gestione dei dati personali: un argomento che permette , a chi vuole, di trovare diverse scappatoie rispetto alle situazioni previste dalla legge.
Nel frattempo i singoli Stati USA hanno adottato proprie misure in materia: così il procuratore generale della California, Kamala Harris, ha riferito di aver raggiunto un accordo con diverse aziende ICT tra cui Apple, Google, Microsoft e RIM affinché gli sviluppatori siano obbligati a mostrare dettagliate policy per la privacy e che, coloro che forniranno app in violazione delle normative in materia siano perseguiti.
Claudio Tamburrino