Brain Training sì, Brain Training no. Gli appassionati e i potenziali acquirenti degli allenamenti cerebrali videoludici devono ora fare i conti con uno studio che ridimensiona in parte l’efficacia del filone di giochi che hanno conosciuto il successo grazie alla fortunata serie Nintendo.
La ricerca , condotta da Susanne M. Jaeggi dell’Università del Michigan, dimostra come alcuni giochi “allenamente” possono aumentare le performance cognitive, ma solo se si considerano alcuni esercizi specifici e solo entro un sottoinsieme di utenti . L’evidenza scientifica della validità dei brain training è alquanto scarsa e influenzata dalle differenze individuali.
Le conclusioni sono giunte dopo aver condotto alcuni test su 32 bambini di scuola elementare e media sottoposti per un mese a un regime di computer game volto a testare e sfidare la memoria. Si tratta della prova nota come n-back test , usato per stimolare i bambini a ricordare una sequenza di numeri e risposte nel tempo. Altri 30 bambini hanno lavorato rispondendo a domande di conoscenza generale e a quesiti linguistici. Dopo alcuni mesi di allenamento, i bambini allenati attraverso l’ n-back test hanno ottenuto le performance più elevate sui test che richiedevano ragionamenti astratti. Quindi, i ricercatori hanno dedotto che per alcuni bambini i giochi “allenamente” sono più efficaci di ogni altro metodo di apprendimento, ma esistono alcuni fattori che devono essere considerati nella valutazione del training , tra cui le differenze individuali.
Il test condotto da Jaeggi, volto a scandagliare le capacità della memoria di lavoro suggerisce che gli studi futuri non dovrebbero investigare la semplice efficacia dell’allenamento cognitivo quanto piuttosto determinare quale regime di esercizio e che tipo di condizioni di allenamento risultano essere migliori, studiare i meccanismi neuronali e cognitivi sottesi e definire, dunque, i soggetti per i quali un simile apprendimento diventa utile.
Cristina Sciannamblo