Brasile 2014, diritti TV e repressioni mondiali

Brasile 2014, diritti TV e repressioni mondiali

FIFA, Sony e compagnia più che mai attive nel salvaguardare i propri diritti sulle trasmissioni dei mondiali brasiliani sulle reti di P2P, i social network e anche su Google
FIFA, Sony e compagnia più che mai attive nel salvaguardare i propri diritti sulle trasmissioni dei mondiali brasiliani sulle reti di P2P, i social network e anche su Google

Alle iniziali dichiarazioni di guerra contro gli streamer abusivi di Brasile 2014 fanno in questi giorni seguito le azioni di contrasto e repressione vere e proprie, operazioni avviate da grandi nomi del business che però arrivano a proporre interpretazioni delle leggi che hanno molto in comune con la censura.

L’obiettivo principale delle nuove azioni sono ovviamente i siti di streaming delle partite dei Mondiali di calcio, un tipo di infrazione per cui l’emittente indiana Multi Screen Media (MSM) – TV sussidiaria di Sony – si è rivolta all’Alta Corte di Delhi per bloccare il funzionamento dei server coinvolti. MSM aveva inizialmente richiesto l’inibizione degli accessi a circa 500 siti e servizi Web comprensivi di streaming, portali di torrent (immancabile The Pirate Bay) e persino servizi di Google come Docs, Goo.gl e Google Video, mentre la lista aggiornata fornita alla corte non presenta tracce di siti appartenenti a Mountain View e chiede il blocco di 219 portali.

La lista dei servizi Web da censurare – colpevoli di ritrasmettere i feed video indiani per cui MSM aveva ottenuto l’esclusiva legale dalla FIFA – è stata fornita da Markscan, società anti-pirateria già nota per il tentativo di agire sui siti di informazione colpevoli di aver fornito i link a servizi di streaming mondiale perfettamente legali.

Ma quando si parla di copyright e Mondiali la paranoia non è mai troppa, e la stessa FIFA non si fa scrupoli a censurare l’uso dei loghi ufficiali della manifestazioni sportiva del momento sul network di microblogging di Twitter . L’emittente USA ESPN ha preso invece di mira Vine e altri social network, invocando la censura di spezzoni video che dovrebbero in teoria essere salvaguardati dalla dottrina del fair use.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
8 lug 2014
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