Agli “stati canaglia” noti per la febbrile operosità profusa nel proporre (e attuare) il controllo sulle attività di rete presto potrebbe essere necessario aggiungere anche il Brasile. Dopo il giro di vite cinese su blogger e podcast , la volontà espressa dal governo sud coreano di imporre ai propri cittadini la registrazione con il proprio nome reale e un ID di riconoscimento prima di esprimere le proprie opinioni on-line, lo stato che ospita il polmone del mondo si distingue ora per la proposta di una sorta di “caccia all’internauta”. Una proposta che cancellerebbe in un sol colpo privacy, diritto all’anonimato e il diritto di poter esprimere in libertà le proprie opinioni.
La segnalazione arriva da The Blog Herald , che riprende il blog brasiliano in lingua inglese Real-Time Society : il senatore Eduardo Azeredo si è fatto promotore di una legge di regolamentazione delle attività di rete estremamente restrittiva che, di fatto, cancella l’anonimato e rende perlomeno aleatorio il concetto stesso di “privacy”. La proposta prevede l’obbligo, per gli Internet Service Provider, di conservare tutti i log delle connessioni degli utenti per almeno 3 anni: fin qui nulla di nuovo, vista l’aria che tira anche in Europa, Italia compresa.
Ma non è tutto qui. Se la legge venisse approvata, ogni utente sarebbe inoltre obbligato ad identificarsi in maniera completa ad ogni accesso alla rete : nome completo, indirizzo, numero di telefono e il numero della tessera sociale. La semplice connessione equivarrebbe al calare totalmente le braghe davanti al legislatore e agli istituti preposti al controllo. Fornire informazioni false o non fornirle affatto costituirebbe un reato, punibile con una pena fino a 4 anni di carcere.
Nessuna e-mail, blog, download, messaggio in chat o post su un forum di fantasie sessuali sadomaso dovrà sfuggire al legislatore do Brasil , apparentemente desideroso di costruire un enorme database delle vite e delle abitudini digitali dei cittadini. Con un interessante risvolto economico per le casse statali: è fortemente raccomandato infatti l’acquisto del certificato digitale approvato dal governo per l’utilizzo “sicuro” della connessione.
Da parte sua, il senatore Azeredo millanta le doti taumaturgiche dell’iniziativa, capace a suo dire di fermare il cyber-crimine tout-court : in galera ci si va anche se si diffondono virus e malware e si accede in maniera non autorizzata alle banche e ai network di istituti pubblici e privati. Sempre che non ci si camuffi a dovere o che non si trovino nuove metodologie di attacco, ad esempio botnet senza centri di comando e controllo .
Di certo, attaccano i più critici, sarebbe la fine del diritto dei cittadini alla riservatezza e all’anonimato , per non parlare dei rischi concreti di censura psicologica, visto che non molti si arrischierebbero a parlar male della compagine governativa, dell’esercito o della polizia ben sapendo di essere spiati in ogni mossa e su ogni parola espressa in rete.
L’iniziativa, come accennato, ha già fatto registrare un buon numero di critiche provenienti proprio dai provider che dovrebbero attuare il controllo “a monte” e dagli ambienti legali più progressisti: la norma andrebbe a pesare troppo sui diritti degli utenti, rallenterebbe l’adozione di Internet e manderebbe in malora la privacy degli utenti legittimi, dimostrandosi al contrario molto poco utile nell’ambito della lotta al crimine telematico.
Lapidario, a riguardo della presunta efficacia del provvedimento qualora venisse approvato, il commento di un utente del blog Real-Time Society : “Sono brasiliano e lavoro per il governo.. dal modo in cui funzionano le cose qui non c’è nulla da temere. Non riusciamo nemmeno a rendere effettive le leggi contro la pedofilia o il consumo di alcool da parte dei minorenni”. Secondo l’anonimo commentatore, inoltre, i parlamentari brasiliani hanno un orario di lavoro molto flessibile e le attività abituali preferite consisterebbero nell’approvare leggi che procurino loro benefici finanziari di vario genere.
Alfonso Maruccia