UPDATE: Come previsto da alcuni osservatori, la giustizia brasiliana è tornata sui propri passi: il Tribunal de Justiça de Sergipe ha decretato il rilascio del dirigente di Facebook arrestato nelle scorse ore per essere interrogato dalla polizia.
Roma – È oltre un mese che le autorità brasiliane hanno inoltrato a WhatsApp la richiesta di collaborare a delle indagini relative a traffici di droga ad opera della criminalità organizzata, è da oltre un mese che WhatsApp nega la propria collaborazione e l’accesso ai dati richiesti dalle forze dell’ordine, nonostante le sanzioni che già pendono sull’azienda. È così che la Polícia Federal ha fermato e tratto in arresto preventivo il dirigente di Facebook Diego Dzodan, vicepresidente responsabile per l’America Latina.
Nel mese di dicembre su WhatsApp era già calata un’ordinanza di blocco per motivi analoghi, presto revocata in quanto giudicata irragionevole, sproporzionata rispetto alle esigenze di comunicazione degli utenti del servizio.
L’arresto del dirigente di Facebook, in questo caso, è descritto dal tribunale dello stato di Sergipe della regione del Nordeste, che ha emanato l’ordine, come l’epilogo di tre richieste di accesso a delle conversazioni cifrate intrattenute su WhatsApp dai sospetti, puntualmente negate da Facebook.
Il social network, dal canto suo, ha reso noto di ritenere sproporzionata la misura, di aver sempre collaborato con le autorità brasiliane nei limiti del possibile . “WhatsApp non può fornire informazioni a cui non ha accesso”, dichiara Facebook nella nota. Non si fa alcun riferimento esplicito alle motivazioni della mancata collaborazione: Facebook in Brasile gestisce semplicemente una sede commerciale e potrebbe per questo motivo essersi ritenuto estraneo alle richieste delle autorità, ma è altresì noto che WhatsApp faccia della privacy degli utenti uno dei propri vanti.
Da tempo l’app di messaggistica si sta industriando per implementare soluzioni di cifratura , già operative per gli utenti Android, e proprio la cifratura secondo aluni osservatori sarebbe ancora una volta oggetto di scontro tra le esigenze di stato e mercato, tra le istanze della giustizia e il diritto alla riservatezza dei cittadini.
Dzodan sta rispondendo alle forze dell’ordine di Sao Paulo. Gli osservatori locali imputano l’operazione all’inadeguatezza del sistema giudiziario brasiliano, incapace di confrontarsi con il contesto internazionale, e prevedono che il caso si smonti in breve, come avvenuto per l’ordine di blocco emanato nel mese di dicembre e subito revocato.
Gaia Bottà