Nel suo quarto giorno di processo Anders Behring Breivik ha dichiarato di aver perfezionato il suo tiro attraverso Call of Duty Modern Warfare . In particolare, Breivik avrebbe comprato per il gioco un “dispositivo olografico di mira” grazie al quale si sarebbe letteralmente esercitato a colpire i bersagli .
Breivik, 33 anni, è sotto processo per aver commesso quello che viene definito il più sanguinoso attentato in Norvegia dai tempi della Seconda Guerra Mondiale: l’uccisione di 69 ragazzi che si trovavano in un ritiro del partito laburista sull’isola di Utoya e la morte di otto persone in seguito all’esplosione di un’autobomba a Oslo.
Breivik ha affermato che Call of Duty offre una vasta gamma di metodi per imparare a sparare con precisione e che, grazie alla visione olografica, anche “vostra nonna sarebbe diventata una grande tiratrice”, in quanto il videogame “è progettato per essere usato da chiunque”.
Oltre a Call of Duty, il massacratore di Utoya era anche un appassionato di World of Warcraft , al quale avrebbe dedicato un anno intero della sua vita, tra il 2006 e il 2007, giocando fino a 16 ore al giorno. I pubblici ministeri hanno ipotizzato che la sua ossessione per WOW fosse un segno di instabilità , ma Breivik ha affermato che il videogame “non ha nulla a che fare con il 22 luglio”, non è affatto un “gioco violento” e che si trattava semplicemente di un modo per nascondere i suoi intenti fingendo una dipendenza da World of Warcraft.
Si riapre dunque la polemica sui videogame violenti e su quanto possano incidere sui comportamenti umani. L’ultimo caso che mette sotto i riflettori, ancora una volta, Call of Duty arriva dalla Georgia: subito dopo aver giocato al famigerato videogame, un bambino di 12 anni ha sparato e ucciso il suo amico di dieci anni.
Eppure sarebbero circa dieci milioni in tutto il mondo i giocatori di Call of Duty e finora nessuna ricerca ha evidenziato la correlazione tra videogame violenti e criminalità. In compenso, molti studi hanno rilevato che il comportamento antisociale e violento deriva sopratutto da un ambiente familiare problematico e dalla povertà.
Gabriella Tesoro