Le vicende con al centro validità di brevetti e paternità di tecnologie che si accavallano sempre più di frequente per le aziende ICT appaiono ormai quasi fastidiosissimo rumore di fondo: lo sanno bene Google ed Apple che, in un modo o nell’altro, si ritrovano quasi giornalmente dalla parte dell’accusa o della difesa in casi di violazione di proprietà intellettuale.
Per quanto riguarda Apple l’ ultimo episodio vede dalla parte dell’accusa Noise Free Wireless, azienda californiana che detiene alcuni brevetti relativi ad una tecnologia per la cancellazione di rumori. A differenza del tipico caso brevettuale, questa ha denunciato Cupertino oltre che per violazione del brevetto numero 7742790 , anche per violazione contrattuale e furto di segreti industriali.
Secondo quanto riferisce Noise Free Wireless, nel 2007 avrebbe incontrato Apple che stava pensando di impiegare la sua tecnologia in iPhone e iPad: in quell’occasione avrebbe presentato la sua invenzione a Cupertino con una presentazione PowerPoint, dandole anche in prova un dispositivo su cui era installata.
Successivamente a tale incontro Apple avrebbe interrotto le trattative, avviato una collaborazione con Audience e depositato una domanda di brevetto per un sistema per la “cancellazione di rumori specifici per il miglioramento della qualità della voce” nel corso di una telefonata.
Per questo Noise Free ritiene che Cupertino abbia utilizzato la tecnologia presentata in quell’occasione senza corrispondere quanto chiesto. E per questo ha chiesto danni e un’ingiunzione permanente nei confronti dei suoi dispositivi. Apple non ha ancora commentato.
Anche Google ha i suoi grattacapi, l’ ultimo dei quali vede nella parte dell’accusa EMG Technology, che le contesta l’impiego illecito della tecnologia rivendicata dal suo brevetto numero 7,441,196 , relativo ad un “metodo ed apparato semplificato di navigazione” su una pagina web su un dispositivo mobile touchscreen. Mountain View lo userebbe senza pagare quanto dovuto, appunto, nella navigazione del suo browser mobile Chrome.
Claudio Tamburrino