Roma – Martedì 17 maggio il Senato dovrà discutere la mozione contro la brevettabilità del software firmata da 99 senatori di tutti gli schieramenti politici. La nostra associazione fa appello a tutti i senatori affinché la approvino. Il software è un elemento essenziale per il futuro delle società avanzate ed ha bisogno di una regolamentazione molto diversa da quella in uso per le invenzioni industriali. I motivi per rifiutare i brevetti software sono tantissimi e sicuramente già conosciuti, per questo noi vorremmo focalizzarci solo su alcuni punti, a nostro giudizio, non bene approfonditi.
Una delle argomentazioni portate a favore della brevettazione in genere e del software in particolare è che aiuti i piccoli inventori a difendere il loro lavoro da entità più forti e ricche. In realtà se giudicassimo anche solo a partire dalla storia degli inventori italiani dovremmo riconoscere che le cose non sono andate proprio così. Potremmo parlare di Meucci che non ha potuto veder tutelata la sua invenzione per mancanza di denaro ma, senza entrare in un noioso elenco, potremmo parlare anche del motore a scoppio inventato da Barsanti e Matteucci e oggetto di furto di paternità.
Uno dei limiti sacrosanti posti alla brevettazione è che si possa brevettare un metodo o una applicazione ma non un’idea. In parole povere si può brevettare un metodo per fare l’aspirina ma non si può brevettare l’idea dell’aspirina. Nel caso dei brevetti software non si chiede di tutelare l’insieme di istruzioni che compongono un programma, anche perché ciò già avviene, visto che il software è soggetto al diritto d’autore, ma si chiede di tutelare l’idea.
Per fare un semplice esempio non si può spacciare per propria la nota poesia l’infinito di Leopardi perché giustamente ne viene tutelata la paternità ma chiunque può scrivere una poesia sull’infinito. Altro vincolo è l’innovatività dell’invenzione, cioè l’oggetto che si va a brevettare deve essere realmente innovativo. Come mai allora oltreoceano (dove vige un sistema simile a quello che si vuole introdurre in Europa) si è brevettato il doppio click per dare conferma di una transazione? Sembra difficile considerare questo brevetto portatore di innovazione.
Il trucco sta nel sistema di attribuzione dei brevetti, cioè non si effettuano controlli approfonditi da parte dell’ente del paese che li attribuisce. Una volta approvato il brevetto il detentore può agire legalmente contro chi, secondo lui, abusa della sua invenzione, a quest’ultimo non rimane che accordarsi oppure contestare il brevetto impegnando enormi capitali in ricerche e spese legali. Qual è il risultato di questo sistema? Che le aziende ricche e potenti brevettano ogni genere di sciocchezza sia per difendersi da registrazioni “furbesche”, sia per modificare il corretto funzionamento del mercato utilizzando monopoli fittizi e imporre costi sproporzionati ai prodotti approfittando dell’assenza di concorrenza.
Gli operatori italiani possono trarre vantaggio da questo sistema?
No, perchè il tessuto produttivo italiano per quanto riguarda la produzione di software è generalmente composto di piccole realtà o di semplici programmatori che non possono disporre dei capitali per registrare dei brevetti e men che meno per difenderli nei tribunali. Inoltre c’è il reale rischio di “pizzo tecnologico legale”.
In breve, una persona potrà brevettare un’idea per niente innovativa e chiedere a tutti i piccoli operatori di pagare una piccola somma. Questi o pagano o scelgono di contestare il brevetto con gli enormi costi che questo comporta. Ovviamente “il furbo” si guarderà bene dal chiedere il “pizzo tecnologico legale” ai grandi gruppi che immediatamente lo trascinerebbero in tribunale e gli farebbero annullare il brevetto.
Come potete osservare il sistema attuale così come è organizzato non tutela affatto i piccoli operatori e introdurre i brevetti software senza aver prima sanato queste degenerazioni sarebbe un atto dai risultati tragici. Onorevoli senatori, l’Italia sta vivendo un periodo difficile, le nostre aziende non riescono più a competere e tanti settori ci vedono in crisi. Il nostro paese sta vivendo quanto descritto nella parabola della rana lessa, secondo cui una rana buttata nell’acqua bollente cerca di scappare, (ovvero cerca di trovare delle soluzioni per uscire dalla situazione difficile), mentre la stessa rana messa in un recipiente con acqua fredda riscaldata da una piccola fiammella tenderà ad adattarsi al calore crescente fino a ritrovarsi lessa.
Sappiamo benissimo che la situazione italiana è molto difficile, e per questo vi chiediamo di non dare ulteriore gas alla fiammella che sta lessando la nostra economia.
Ettore Panella
presidente dell’associazione NewGlobal.it