Roma – Alcuni ricercatori della Scuola di Business Said dell’ Università di Oxford e del Dipartimento di Economia Applicata dell’ Università di Oviedo hanno realizzato uno studio analitico sullo stato dell’arte delle connessioni ad Internet nel mondo. Il paese più avanzato nel campo risulta essere il Giappone, seguito da alcuni paesi del Vecchio Continente.
Approfittando di 8 milioni di test richiesti dall’utenza sul sito SpeedTest.net ed effettuati lo scorso mese di maggio, l’analisi ha preso in considerazione 42 diversi paesi, esaminando minuziosamente l’effettivo trhoughput sia in downlink che in uplink , a confronto con le necessità delle applicazioni sia attuali che future. Mentre molti paesi sono risultati all’altezza delle richieste di mercato (con particolare riferimento allo streaming video e al video-chat), dai dati emerge che il prossimo futuro “richiederà” non meno di 11 Mbps in downlink e non meno di 5 Mbps in uplink.
Tali valori – ben lontani da quelli realmente ottenibili in Italia e in molti altri paesi, specialmente per quanto attiene l’uplink – si rendono necessari per impiegare produttivamente e senza esitazioni applicativi come il video streaming in alta definizione, il peer to peer e la cosiddetta “telepresenza”, un ulteriore aspetto della tecnica di teleconferenza.
Dai dati presentati dagli studiosi emerge che in Gran Bretagna, Canada ed Australia non si riesce a mantenere del tutto il passo con le esigenze dimostrate dagli utenti, e che gli Stati Uniti navigano complessivamente in acque non molto migliori rispetto alla Russia. E in uno scenario dove Svezia ed Olanda si contendono il primato dei migliori d’Europa, il paese che prorompe con prepotenza è il Giappone, già oggi in grado di offrire anche di più di quanto il rapporto abbia individuato come requisiti minimi per il futuro prossimo dei servizi di rete.
Secondo lo studio, tra i fattori abilitanti nel Sol Levante c’è una cultura diffusa in materia tecnologica e la disponibilità di reti in fibra, che a loro volta influenzano l’ulteriore progresso e l’alimentazione delle economie di sviluppo. Altri aspetti, quali la penetrazione sul mercato o il numero di PC pro-capite , variano invece moltissimo da paese a paese.
“Le velocità medie di oggi sono adeguate per la navigazione, la posta elettronica e le funzioni base di streaming e download di video – dice Alastair Nicholson, della Saïd Business School – ma al proliferare delle applicazioni interattive e dei contenuti generati dagli utenti che vengono caricati e condivisi, diventeranno disponibili grandi quantità di video ad alta qualità. Per di più, dallo studio emerge l’esistenza di una correlazione tra la qualità della banda larga di una nazione e il relativo progresso economico, il che dovrebbe spingere le politiche di sviluppo affinché si realizzino le condizioni per una banda larga di qualità al più presto”.
E l’Italia? Come Gran Bretagna, Spagna e Australia, l’Italia offre velocità di banda larga in media appena sufficienti a far buon uso di tipiche applicazioni broadband , come guardare video su YouTube, chat video e modesto File Sharing. Un segnale, dunque, che dovrebbe spingere a non fermarsi e a posizionare sul mercato nuove infrastrutture ed offerte con minore differenza tra la velocità della linea fisica e la reale portata della connessione.
Marco Valerio Principato