Siamo giunti alla frutta o, meglio ancora, a mettere le carte in tavola.
Ormai non può sussistere alcun dubbio sulle reali pretese degli intermediari della cultura (editori/distributori); questi signori detenevano, prima dell’avvento della Rete, il monopolio assoluto sulla cultura. Cultura che è formata dalla “proprietà intellettuale” (per usare i loro termini) di ciascun abitante della Terra. Detenevano il potere di farsi pagare per accedere a quello che è patrimonio di tutti. Fortunatamente Internet ha aperto quella porta quasi gratuitamente, portando la possibilità di evolversi culturalmente a costi pressoché nulli.
La Business Software Alliance (v. punto-informatico.it/p.aspx?i=2180890 ), spargendo numeri privi di fondamento scientifico e basati sull’assunto che chi non può accedere gratuitamente alla cultura vi accede pagando e non rinunciandovi, cosa molto più probabile, sostiene sostanzialmente e giustamente che se dovessimo respirare per interposta persona sparirebbe la disoccupazione e s’incrementerebbe il fisco tassando tutti i nuovi addetti alla respirazione interposta.
La RIAA (v. punto-informatico.it/p.aspx?i=2180700 ) chiede la riduzione di un punto percentuale del guadagno degli autori (dal 9% all’8%, che per la musica vuol dire circa 0,07 Euro per brano) sostenendo che è in difficoltà, per colpa della pirateria e non perché gli autori si stanno accorgendo che possono fare a meno di lei.
Sinceramente trovo aberrante questo voler speculare sulla cultura, questa ricerca spasmodica di estorcere denaro con pretese sempre più assurde. Il concetto che tutto deve essere rapportato al denaro sta diventando l’unica vera diversificazione dell’uomo nel mondo animale, non l’intelligenza e l’abnegazione sociale ma l’egocentrismo e l’accaparramento sono le nuove unità di misura sulle quali, purtroppo, si basa la nostra società.
Proprio questa mentalità va combattuta e l’unico modo possibile è l’informazione, la diffusione della cultura, la base sulla quale ciascuno può costruire un proprio pensiero e può pretendere la propria libertà. Ribadendo che è il valore aggiunto che va ricompensato e non la speculazione, è ormai chiaro che tutti sono disposti a pagare per qualcosa in più e non per la stessa cosa solo perché monopolizzata o sancita per legge. Un libro stampato è cosa ben diversa dal testo visualizzato su un monitor, giusto quindi retribuire tutta la catena lavorativa che ha contribuito sia all’uno che all’altro ma non qualcuno che ha il solo merito di aver fatto firmare un contratto o quello di aver messo i lucchetti per consentire l’accesso all’opera soltanto a chi paga “il biglietto”.
L’avanzamento del progresso dovrebbe far prevedere che quello che oggi è di esclusiva conoscenza dello scopritore domani sarà patrimonio di tutti. Un tempo i mezzi di comunicazione prevedevano determinati intermediari e costi, oggi si sono ridotti gli uni e gli altri, rendiamocene conto e lasciamo che i maniscalchi si riducano di numero o si trasformino in meccanici e carrozzieri. E rendiamoci conto che quella che viene chiamata “pirateria” è solo la compensazione contrapposta alla speculazione, la normale reazione ad un abuso fatto per mantenere una posizione di rendita che ormai non regge più.
Athos Gualazzi
a.p.s. Partito Pirata
http://www.partito-pirata.it
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