Dietro un tentativo di “macchina del fango” contro Google sembra esserci proprio Facebook.
Nei giorni scorsi Google, proprio mentre era costretta a difendersi davanti a due diversi comitati del Senato degli Stati Uniti, aveva rischiato di trovarsi al centro del dibattito per un’altra storia legata alla gestione della privacy degli utenti: la società di PR Burson-Marsteller aveva contattato, per conto di qualcuno, USA Today , il Washington Post , Politico , Huffington Post e altri giornali e blogger per diffondere una notizia che i giornalisti statunitensi hanno individuato come basata sostanzialmente su interpretazioni esagerate.
I primi osservatori avevano pensato nascondersi dietro l’offensiva Apple o Microsoft, le altre due aziende chiamate dal Congresso e sulla graticola per questioni di trattamento dati degli utenti. Ma un’altra grande era alla finestra e, a quanto pare, muoveva i fili di Burson-Marsteller: Facebook.
Quando al social network ne è stata chiesta ragione, un suo portavoce non avrebbe smentito affatto ma anzi rilanciato sottolineando che Facebook nutrirebbe ancora rancore per il tentativo da parte di Google di utilizzare i suoi dati, e il social network riterrebbe che Mountain View stia effettivamente facendo qualcosa sul fronte social network che dovrebbe sollevare dubbi di privacy .
Oltre che sul fronte dati, peraltro, le due aziende erano date in competizione per Skype , che alla fine è finita nella scuderia Microsoft.
Il nuovo fronte Facebook lo voleva aprire parlando del prodotto di Google Social Circle , che vorrebbe connettere gli utenti di Gmail non solo con i propri amici ma anche con gli amici degli amici. E nel farlo utilizzerebbe ancora una volta indebitamente i dati raccolti da Facebook.
Per diffondere efar montare il caso, a questo punto, Facebook avrebbe coinvolto la società di PR che ha provveduto a contattare diversi giornalisti e blogger. Che però hanno trovato nelle accuse una serie di fatti in gran parte non verificabili .
A perdere la faccia , insomma, alla fine sembra essere solo Facebook: vere o meno, le accuse mosse a Google sono passate in secondo piano rispetto ad una strategia da polemica di pancia che delinea il social network come un’entità che non ha avuto scrupoli a ricorrere a comportamenti al limite e a considerare i dati degli utenti come propri . Non resta che attendere l’eventuale smentita, sempre possibile, proveniente da Facebook.
Claudio Tamburrino