Il presidente Bush si sta vedendo scivolare fra le mani l’apparato di “leggi ombrello” finemente architettato per esercitare un controllo indispensabile in un società dominata dal rischio: è in corso la progressiva decostruzione del Patriot Act , se ne stanno smembrando gli automatismi, ormai interiorizzati dalle forze dell’ordine, giustificati dalla lotta al terrorismo. Non bastasse, gli Stati Uniti pare dovranno fare a meno del Protect America Act ( PAA ), altro blocco normativo capace di tutelare lo spionaggio indiscriminato di stato. Ma Bush, la cui popolarità è ai minimi storici, non ci sta, ed è deciso ad imporre le sue condizioni.
Definito Police America Act dall’associazione per i diritti civili ACLU, approvato di fretta e malvolentieri ad agosto e destinato ad essere sostituito nel febbraio 2008, il PAA, a parere di Bush, colmava alcune lacune legislative e procedurali venutesi a creare con l’avvento delle nuove tecnologie. È così che il PAA affida ampi poteri al Procuratore Generale , a cui è concesso di ordinare fino ad un anno di sorveglianza su stranieri o persone che si ritengono al di fuori degli USA, senza dover passare attraverso la Foreign Intelligence Surveillance Court , che dal 1978, anno di approvazione del Foreign Intelligence Surveillance Act ( FISA ), regola e ridimensiona lo spionaggio di stato. Il PAA autorizza uno spionaggio diffuso e pervasivo, non prevede alcuna garanzia per gli intercettati né sui contenuti delle intercettazioni.
Il RESTORE Act (” Responsible Electronic Surveillance That is Overseen, Reviewed and Effective Act of 2007 “), voluto dai Democratici, dovrebbe sostituire il PAA, con un occhio di riguardo alla privacy dei cittadini. Approvato dalla Judiciary committee e dalla Intelligence committee della Camera dei Rappresentanti, la proposta di legge impone un maggiore controllo sullo spionaggio di stato, reintroduce in parte garanzie per i cittadini americani posti sotto la lente dello spionaggio, mentre restano laschi i controlli e fin troppo agili le procedure richieste per autorizzare le generalizzate investigazioni da condurre su cittadini non americani. Allo stesso modo, nessuna esplicita tutela sui contenuti della comunicazioni che coinvolgono anche un solo cittadino non americano.
Il RESTORE Act, a parere di Bush, non è che un indegno successore del PAA . Amareggiato, il presidente, in un comunicato, ha fatto appello alla sensibilità e alle paure dei suoi concittadini: “La minaccia che pende sull’America non si esaurirà a febbraio, il PAA è uno strumento vitale per fermare i terroristi, sarebbe un grave errore per il Congresso indebolirlo”.
Ma non è tutto: il RESTORE Act richiederà che, a scadenze regolari, vengano presentate all’ Inspector General del Dipartimento di Giustizia delle relazioni dettagliate riguardo alle procedure di spionaggio statale , riguardo alle regolari indagini e riguardo agli eventuali illeciti sconfinamenti nella privacy dei cittadini. Sarà inoltre necessario presentare un rapporto che dia conto di tutte le operazioni di spionaggio, irregolari e regolari, alle quali dall’avvento del PATRIOT Act Bush ha riconosciuto di aver sistematicamente invitato la National Security Agency ( NSA ).
È su questo punto che Bush minaccia di dissentire. Il presidente, riporta Washington Post , ha promesso di non firmare la proposta di legge, qualora non venga garantita l’immunità retroattiva alle Telco e agli ISP per mezzo dei quali sono state condotte le intercettazioni. Parafrasando le parole di Bush , queste aziende sono tuttora coinvolte in processi multimiliardari solo per aver servito il paese . Aziende che, nell’occhio del ciclone , sono ancora in attesa della sentenza del tribunale di appello del nono distretto per la class action intentata da EFF contro AT&T , sentenza che potrebbe decidere di spazzare via le accuse: se trapelassero dettagli contenuti nelle pratiche sbrigate dagli operatori, la sicurezza nazionale potrebbe essere a rischio .
Bush promette ostruzionismo, dichiarando di voler firmare la proposta di legge solo qualora venga garantita l’immunità retroattiva agli operatori che hanno collaborato con lo stato, operatori che sono fra l’altro prodighi finanziatori dell’ala Repubblicana.
Quello dell’immunità retroattiva è un elemento riguardo al quale i Democratici non sono disposti a transigere: ” Sarebbe una mossa irresponsabile per il Congresso garantire a queste aziende l’immunità senza sapere se la loro condotta sia stata legale o meno “, ha dichiarato ad AFP il congressman Democratico Steny Hoyer . La battaglia si preannuncia incandescente.
Gaia Bottà