Lo hanno chiamato “grafene bianco” per via del colore che assume nella sua forma grezza. Ma anche per richiamare la complementarità con il composto del carbonio fin qui più discusso e famoso , che secondo molti scienziati e addetti ai lavori sarà alla base della seconda era dell’elettronica dopo quella del silicio. In realtà, con il grafene vero ha poco a che spartire se non nella struttura molecolare: il nitruro di boro (nella sua composizione esagonale, anche indicata come h-BN) è conosciuto più che altro come lubrificante, ma si candida a diventare il dielettrico perfetto per completare il quadro fin qui monopolizzato dalla sua controparte scura.
Alla base dell’elettronica che da oltre 50 anni a questa parte sta rivoluzionando la vita del pianeta, come detto, c’è il silicio: un materiale abbondante, con caratteristiche fino a oggi insuperate, che unito a piccole quantità di altri composti (i cosiddetti “droganti”) consente la realizzazione di transistor, chip, CPU e tutto quanto fa parte di computer, cellulari, gadget. Il grafene, ovvero uno strato spesso un atomo di atomi di carbonio disposti in modo peculiare, promette però molto bene sotto il profilo della conduzione elettrica . I transistor fin qui ottenuti sperimentalmente hanno mostrato capacità impensabili fino a qualche anno fa, ma occorre completare il quadro e ricreare lo stesso panorama di materiali a disposizione degli ingegneri per replicare il successo del silicio.
Ed è qui che entra in gioco il boro nitruro esagonale : fin qui trascurato dalla ricerca elettronica, in luogo del suo consueto utilizzo come componente di ceramiche o leghe che migliorino lo scorrimento, i membri di un team eterogeneo composto da ricercatori della Rice University , del National Institute of Advanced Industrial Science and Technology giapponese e della Siberian Federal University , hanno pensato di sfruttare le doti peraltro già conosciute in materia di isolamento elettrico del h-BN per cercare di ottenere un foglio mono-molecolare dalle caratteristiche complementari a quello ormai comune di grafene.
Il risultato dei loro sforzi, pubblicato sulla rivista online Nano Letters , è una tecnica per realizzare fogli di grafene bianco dalle dimensioni di 5 centimetri di lato , cresciuti su un substrato di rame. I ricercatori sostengono di essere in grado di creare strati spessi da 1 a 5 atomi (secondo la necessità), e di poter spostare i fogli così creati altrove: in altre parole, si potrebbero creare strutture tridimensionali di grafene bianco da depositare su un foglio di grafene tradizionale o su un substrato di silicio, in modo da replicare il drogaggio del materiale tipico dell’elettronica attualmente più diffusa.
La scalabilità del processo di realizzazione dovrebbe essere garantita, assicurano (questione solo di avere il forno abbastanza grande per scaldare fino a 1.000 gradi l’ambiente di lavorazione). Volendo, assicurano, dovrebbe anche essere possibile replicare l’ esperienza IBM di “disegno” microscopico: combinando grafene e grafene bianco al microscopio, sarà possibile realizzare transistor, condensatori e sensori dalle dimensioni nanoscopiche.
Luca Annunziata