Al Googleplex amano sperimentare e lanciare nuovi servizi, sempre, con una costanza imbarazzante per qualsiasi altro grande protagonista dell’IT. Ma questa vocazione alla sperimentazione può produrre mostri, o comunque applicazioni poco profittevoli che non conviene continuare ad alimentare quando tutt’intorno l’economia soffre e la finanza urla di terrore, da Wall Street a Tokyo.
Dopo il ridimensionamento di industria e aziende di servizi, ora tocca alla net economy fare la propria parte nella riduzione a più miti consigli di borie espansive e spese indiscriminate, e se c’è chi è costretto a dichiarare bancarotta come ai tempi della bolla speculativa del secolo scorso, Google può al momento ancora permettersi di limitarsi (soprattutto) a staccare la spina a servizi inutili , baciati da scarso successo o persino evidenti doppioni di qualcosa realizzato e pensato meglio da Google stessa.
La scure si abbatte dunque su portali come Google Video , il sito di video-social networking aperto quando YouTube era ancora un concorrente, e ora palesemente inutile in virtù delle dimensioni e della popolarità di GoogleTube. Al momento il ridimensionamento di Gvideo si limita alla sospensione dell’accesso ai video a pagamento, ma entro pochi mesi la piattaforma non sarà più in grado di accettare contenuti aggiuntivi inseriti dagli utenti . I feticisti ossessivi delle cam da cellulare sono gentilmente invitati a indirizzarsi verso il suddetto YouTube o le funzionalità video di Picasa Web Album.
La scure taglia Google Catalogs , esperimento servito per mettere alla prova le funzionalità OCR poi impiegate con (molto) maggior profitto su Google Book Search e ora praticamente inutile , visto che oramai tutte le società private hanno online una qualche sorta di catalogo dei prodotti da consultare.
Sparirà presto anche Google Blocco Note , attualmente usato da qualche dozzina di persone nel mondo sul miliardo scarso interconnesso, e soppiantato dalla suite da ufficio mobile Google Documenti o, volendo, da Google Segnalibri se l’appunto da salvare è un URL. E che dire di Dodgeball , piattaforma di micro-messaging acquisita da BigG nel 2005 e finita nel cassetto dopo che il mondo (sottoscritto escluso) ha cominciato, a causa di Twitter, a mandare SMS su Marte o a quei folli con il cellulare acceso nel cuore della notte?
Chiude o meglio si trasforma anche Jaiku , l’altra piattaforma di micro-comunicazione compulsiva che ha perso ogni ragion d’essere in forza del suddetto Twitter e che ora non sarà più affare di Google ma di chi vorrà editare il suo codice open source su Google App Engine . Sulla potente infrastruttura di sviluppo web ci finirà anche Mashup Editor , troppo debole persino per passare dalla beta privata a quella pubblica.
A dirla tutta, le rifocalizzazioni in casa Google non sono mancate nemmeno in passato , basti pensare alla chiusura di Google Lively , il clone della chat 3D Get a Second Life, o l’ultima risalente a oltre 2 anni fa del servizio di help on-line Google Answers , ma è indubbio che quella di queste ore sia la sforbiciata più sostanziosa all’interno degli innumerevoli asset covati al Googleplex.
Alfonso Maruccia