Si torna a parlare di fibra. Atteso in giornata il pronunciamento del commissario europeo Viviane Reding sulle reti di nuova generazione (NGN), e si palesa uno studio commissionato da ECTA allo studio tedesco WIK , che tenta di fare luce sulla situazione attuale in sei paesi UE, compresa l’Italia: la prospettiva, conclude lo studio, è la possibile creazione di una sola rete a banda larga per ciascuna nazione. Escluse categoricamente le duplicazioni, a meno di circostanze molto particolari.
Si tratta, in un certo senso, della conferma di quanto molti esperti ed addetti ai lavori vanno sostenendo da tempo: gli investimenti necessari alla creazione di una rete in fibra in grado di sostenere la sfida di una civiltà realmente digitale sono ingenti , e dunque appare improbabile o addirittura impossibile sostenere una competizione infrastrutturale, piuttosto che sui servizi.
Più nel dettaglio, lo studio di WIK prende in considerazione i costi necessari allo sviluppo di una rete VDSL o FTTC ( Fiber To The Curb ) paragonata a quella di una più capillare FTTB o FTTH ( Fiber To The Building , Fiber To The Home ), tenendo conto delle possibili regolamentazioni comunitarie e nazionali sulla infrastruttura stessa. Il risultato è un costo approssimativo di circa 2mila euro ad abitazione per Francia e Germania, che scendono a poco più 1.100 per l’Italia nell’ipotesi di una rete FTTH di tipo P2P (la tecnologia che offre maggiori garanzie in fatto di ampiezza di banda complessiva).
Un costo pari a cinque volte la copertura in banda larga VDSL delle abitazioni tedesche, stimato in 457 euro per unità, cifra sostanzialmente identica a quella necessaria per gli altri paesi. WIK sottolinea come le cifre impattino comunque in modo diverso a seconda della realtà geografica dei diversi paesi presi in esame (oltre alle già citate Francia, Germania ed Italia figurano pure Svezia, Spagna e Portogallo), nonché dell’attuale situazione infrastrutturale delle diverse nazioni.
Le conclusioni tratte dallo studio teutonico sono chiare: la costruzione di una rete a banda larga di nuova generazione che copra gli interi confini nazionali non è un’attività profittevole in nessuno dei paesi presi in esame. L’unica possibilità è “l’espansione con fondi o sussidi pubblici” nelle aree che garantiscano minori introiti e dunque poco appetibili per gli operatori. La soluzione che si prospetta con maggiore probabilità è dunque la nascita di un monopolio nazionale , che potrebbe al massimo trasformarsi in un duopolio in circostanze particolari.
Scrive WIK: “Secondo il nostro modello, l’importanza dell’economia di scala e di obiettivo limita il grado di replicabilità (dell’infrastruttura, ndr)”. In pratica un possibile second mover , vale a dire un operatore che decida di tentare la strada del cablaggio in fibra solo in una fase successiva, riuscirebbe a contenere i costi solo riuscendo ad accaparrarsi una fetta di mercato importante, di molto superiore a quella dei suoi concorrenti. I favoriti in questa sfida, evidentemente, sono dunque gli incumbent che possono già vantare importanti fette del mercato nazionale.
A tal riguardo, il presidente di ECTA Innocenzo Genna chiarisce la posizione della sua associazione: “Se gli incumbent sostengono che la cablatura in fibra è costosa e rischiosa, non possono allo stesso tempo sostenere che tutti gli operatori sono nella condizione di realizzare reti parallele di accesso”. Genna guarda con favore al modello britannico portato avanti da BT, e alla vendita wholesale dell’accesso alla NGN in via di costruzione in modo da creare offerta competitiva sui servizi.
Resta sul tavolo il problema del ROI ( Return of Investment ): un valore che gli eventuali investitori sostengono dovrebbe essere alto in virtù del rischio affrontato nella realizzazione dell’infrastruttura, e su cui sarà lo stesso commissario Reding a pronunciarsi probabilmente proprio nella giornata di oggi. ECTA mette in guardia dalla possibilità di fissare troppo in alto l’asticella dei ricavi , onde evitare l’imposizione di un dazio troppo oneroso per l’accesso alla NGN da parte di competitor e utenti.
Quanto alla capillarità della diffusione delle reti a banda larga, la prossima settimana è attesa una comunicazione della Commissione sulla questione della sovvenzione statale . Come ribadito dallo studio WIK, si tratta di un fattore cruciale per la possibilità che la maggiore percentuale possibile della popolazione sia raggiunta dalla fibra, a causa dei ridotti introiti provenienti dalle aree rurali che dunque le rendono meno appetibili agli occhi degli operatori.
Uno scenario che tuttavia si va a scontrare con la votazione, il prossimo 23 settembre, del celebre Pacchetto Reding : tra l’altro, il commissario propone al Parlamento europeo una drastica deregolamentazione del comparto TLC favorendo la nascita di un mercato più dinamico, sotto il controllo di una authority continentale dotata di seri poteri di controllo. Una prospettiva che in parte mette in dubbio la creazione di rigorosi criteri di accesso nazionali alle infrastrutture NGN , indicati da molti come condizione irrinunciabile a favorire la nascita di una autentica competizione sui servizi.
In Italia, resta per altro irrisolto il nodo dello scorporo della rete di Telecom Italia . L’amministratore delegato Franco Bernabè si starebbe preparando per presentarsi al prossimo CdA con la proposta non solo di vendita delle torri di proprietà dell’azienda, ma anche dell’intera infrastruttura nazionale da far confluire in una nuova società. Una situazione per ora non chiara, anche a causa delle voci sul possibile ingresso di nuovi azionisti, che potrebbe complicare ulteriormente il quadro : in attesa che il governo vari la promessa task force sulla banda larga .
Luca Annunziata