Catania – A quanto pare la fibra è al centro dei pensieri di molti , Telecom Italia compresa. Che con nuovi investimenti nella fibra sottomarina vuole dimostrare che intende rilanciare sul fronte dell’infrastruttura tecnologica e su quello dei collegamenti della rete italiana ai grandi network mondiali. La location per la presentazione dei nuovi progetti è Catania, considerata persino quale crocevia del mediterraneo quando si parla di rete Internet.
“Per la connettività, Catania sta diventando quello che è già New York per la moda” scherza l’amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle (la divisione che si occupa della rete internazionale dell’incumbent), Stefano Mazzitelli , durante l’annuncio. Il suo è solo un espediente per raccontare l’importanza che Telecom attribuisce a quello che considera un upgrade della infrastruttura esistente : il circuito di MedNautilus , l’azienda controllata dall’incumbent che possiede e gestisce il cavo, è per Telecom una porta di accesso per l’Asia.
Ci sono 640 gigabit di banda che corrono lungo due cavi sommersi dall’Italia verso Grecia, Turchia, Cipro e Israele. Un punto di snodo che copre già il traffico dal medio-oriente verso l’Europa, e che in futuro si allargherà anche all’Egitto e si allungherà verso l’India . Una soluzione che oggi, grazie alla tecnologia di un nuovo partner che viene dell’est – la cinese Huawei – è in grado di garantire velocità fino a 10 gigabit , maggiore sicurezza per il trasporto delle informazioni e maggiore spazio per la crescita di questo mercato.
Su un punto Antonello Traina , responsabile per il fornitore asiatico del rapporto con TI Sparkle è piuttosto chiaro: in Italia, come in altri paesi, alcune infrastrutture sono presenti ma ormai sono divenute anziane . “C’è bisogno di investire per migliorare degli apparati che hanno bisogno di essere aggiornati” spiega a Punto Informatico a margine della conferenza. In questo senso si sta muovendo la sua azienda, con la realizzazione di un’offerta quanto più possibile aperta alle novità introdotte da recenti protocolli e tecnologie, e in questo senso – ribadisce – si sta muovendo anche l’incumbent .
“Le regole del mercato sono cambiate – continua Traina – e mentre negli anni passati gli investimenti erano superiori alle richieste, oggi la realtà vede una rete spezzettata che ha bisogno di trasformarsi in una struttura integrata”. Secondo Traina, la Next Generation Network (NGN) sarebbe una buona occasione per tentare questo rinnovamento: incrementare i servizi, renderli interoperabili e puntare tutto sulla fibra e le sue potenzialità.
La soluzione proposta, neppure a dirlo, è quella Fiber To The Building ( FTTB ), che ormai si sta imponendo come mantra degli addetti ai lavori: le prime sperimentazioni in questo senso, assicura, sono state svolte proprio da Huawei in collaborazione con Telecom Italia, all’interno del progetto NGN2 che ha coperto l’area di Milano, e hanno fornito risultati molto positivi. Il problema, però, resta la burocrazia : “È una impresa ardua, tra scavi e permessi, riuscire a portare a compimento questa innovazione: c’è bisogno di sbloccare le regole”.
E dire che ad esempio in Francia, come ricorda il responsabile del network di TI Sparkle Gianfranco Ciccarella , sono addirittura i comuni a farsi carico dell’onere degli scavi. In Italia si tratta di una possibilità remota, e proprio per questo forse occorrerebbe che cambiassero alcune regole : “A chi investe dovrebbe essere lasciata la possibilità di rientrare dell’investimento, come accade nel modello statunitense” spiega nel corso di una chiacchierata con Punto Informatico , ribadendo che la sua azienda sarebbe interessata a mettere in campo le proprie forze purché sia il mercato a premiare i suoi sforzi.
Il vero assente, in tutto questo fermento, è il WiMax . Attorno al protocollo wireless non si respira un’aria di entusiasmo: “Non è al momento una soluzione primaria – prosegue Ciccarella – anche se potrebbe essere l’ideale per coprire specifiche situazioni”. Gli fa eco Traina, che spiega a Punto Informatico come il WiMax potrebbe sì essere la chiave per l’ingresso di nuovi player nel mercato, ma di certo non sarà la scelta di punta degli incumbent : “Credo che gli investitori puntino a quelle nicchie che possano garantire un rapido ritorno dell’investimento, come la clientela aziendale o piccole realtà come le strutture alberghiere”.
In ogni caso, conclude, il trend è chiaro: “Si va verso una sempre più attenta gestione della dimensione del footprint dei servizi, e gli operatori sono attenti a valutare ogni aspetto del Total Cost of Operation per riuscire a dosare con cura i propri investimenti”. Vale a dire che i capitali in campo non sono moltissimi e senza una razionalizzazione severa della spesa le infrastrutture che servono al paese non vedranno mai la luce. Oggi le dita di tutti qui, così come i cavi, sono incrociate.
a cura di Luca Annunziata