L’irresistibile fascinazione della tv seduce anche gli alieni? Gli astrofisici dell’ Harvard-Smithsonian Center credono che proprio delle ipotetiche trasmissioni broadcast potrebbero tradire la presenza di forme di intelligenza extraterrestre.
Molti tentativi di stabilire un contatto con ET hanno investito in tattiche propositive : si sono inviati nello spazio messaggi nella bottiglia di ogni genere, compresi quelli incisi sul disco dorato delle missioni Voyager (vedi foto qui sotto), sperando che qualche alieno degnasse la strepitante umanità di uno sguardo distratto.
Urge un cambio di strategia: a partire dal 2008, i terricoli amplieranno le ricerche nell’ambito del Search for Extra Terrestrial Intelligence ( SETI ), battendo a tappeto lo spettro elettromagnetico in cerca di segni di vita dallo Spazio. “Potremo raccogliere dei segnali provenienti da individui che non immaginano certo che li stiamo ascoltando, e farci un’idea di quel che sta succedendo”, annuncia a Reuters David Aguilar , rappresentante del Center.
Sarà dunque un telescopio a bassa frequenza, ora in fase di sviluppo in Australia, a monitorare il traffico nella porzione di spettro elettromagnetico su cui viaggiano i segnali radar e le trasmissioni radio e tv . Il telescopio sarà in grado di captare segnali provenienti da una distanza di 30 anni luce dalla Terra, un raggio relativamente ridotto che comprende un migliaio di stelle vicine.
La presentazione ufficiale del progetto avverrà nell’ambito del meeting della American Astronomical Society , che si sta svolgendo in questi giorni a Seattle. Ipotesi e opinioni divergenti confluiscono al meeting: qualcuno, addirittura, sostiene che l’umanità potrebbe essere già incappata nella vita extraterrestre, e, senza riconoscerla, potrebbe averla sterminata. Sarebbero state troppo ingenue e irruente le sonde della missione NASA Viking : cercavano su Marte forme di vita antropomorfe o simili a quelle terrestri, e si sono lasciate sfuggire i veri alieni .
Le sonde spaziali che trent’anni fa solcavano il Pianeta Rosso potrebbero aver avuto a portata di sensore dei microrganismi marziani, e, inavvertitamente, avrebbero potuto averli decimati : questa la teoria di Dirk Schulze-Makuch , geologo presso la Washington State University .
“Il problema consiste nel fatto che in quel periodo non si aveva alcun indizio riguardo all’ambiente di Marte”, ha affermato lo studioso, presentando il suo studio presso il meeting dell’American Astronomical Society. La chiave di tutto risiederebbe nell’acqua ossigenata. Il perossido di idrogeno, capace di mantenere la forma liquida anche a gelide temperature inospitali come quelle del Pianeta Rosso, avrebbe potuto rappresentare la base delle forme di vita marziane. Ma le sonde, che in due esperimenti avevano innaffiato e surriscaldato il suolo marziano, avrebbero rispettivamente affogato e arrostito i microrganismi. Ammesso però che questi microrganismi fossero esistiti: Schulze-Makuch non ha prove dell’esistenza di tali forme di vita marziane, la sua è solo un’ipotesi, è solo una delle storie possibili.
Il suo lavoro ha però catturato l’interesse di molti studiosi. Associated Press rivela che l’ipotesi verrà presa in considerazione nell’ambito della prossima missione spaziale NASA sul suolo marziano, Phoenix , che prenderà il via nel prossimo agosto.
Un gruppo di scienziati del National Research Council americano plaudono all’esempio di “pensiero laterale” di Schulze-Makuch: il suo studio non incorre nel limitante errore di essere ” terracentrico ” nell’immaginare forme di vita extraterrestri. Sarebbe interessante a questo proposito conoscere l’opinione del National Research Council riguardo al progetto dell’Harvard-Smithsonian Center, che scruterà lo spazio in cerca di segnali tv, una cosa molto “terracentrica”.
Gaia Bottà