C’era affollamento ieri al forum sulle telecomunicazioni nella capitale dove tra i molti interventi si è fatto sentire quello di Corrado Calabrò, secondo cui le telecomunicazioni italiane “sono quasi al capolinea”.
Secondo il presidente dell’Autorità TLC il settore è in una fase di stasi , tanto più pericolosa quanto più urgenti e importanti sono gli investimenti da fare, lo sviluppo da cogliere, le opportunità che vanno sviluppandosi in paesi in cui il mercato e l’infrastruttura TLC sono più avanzati. Il motivo di questo rallentamento, di questo blocco sta sì nella riduzione dei margini per gli operatori ma anche e soprattutto nel “perdurante ritardo nella diffusione della larga banda in Italia”.
Questa condizione, che altri hanno attribuito ad un mercato che è stato a lungo drogato dalla presenza di un asso pigliatutto, un incumbent ritenuto più incombente che dominante, Calabrò ammette che si è palesata per qualcosa di più complesso di un amaro scherzo del destino. Il presidente dell’Authority TLC se la prende in particolare sull'”assenza di infrastrutture alternative, il cavo soprattutto”, una mancanza, un deficit che “pesa drammaticamente sul presente e sul futuro del settore”. Non a caso proprio su questo fronte si è fatto sentire Stefano Parisi , amministratore delegato di Fastweb, uno degli operatori che più hanno lavorato sulla costruzione di reti indipendenti da quelle dell’incumbent, reti che entro l’anno – ha confermato ieri Parisi – consentiranno all’azienda di proporre connettività da 100 megabit al secondo alle imprese e alle famiglie, almeno nelle aree raggiunte da quei network. Epperò Parisi non ha perso l’occasione per attaccare le controverse e criticate tariffe di terminazione, la cui revisione non ha convinto gli operatori alternativi, che vedono ancora troppi vantaggi per i soliti noti, vantaggi prodotti da una regolamentazione considerata fallace, che mette in difficoltà chi cerca di camminare con le proprie gambe.
Secondo Calabrò l’Autorità “nemmeno nel retropensiero” ipotizza “aiuti o aiutini di Stato” a questo o quell’operatore, come invece suggerito da molti dei presenti ieri. Anzi, il presidente dell’Autorità TLC ha rilanciato sostenendo che l’organismo da lui guidato avrebbe riconosciuto “la più elevata asimmetria in Europa in materia di tariffe di terminazione su rete fissa”, un’asimmetria su cui si giocano le possibilità di competere degli operatori non dominanti. A detta di Calabrò, le “tariffe di terminazione mobile stabilite dall’Autorità sono sostanzialmente allineate a quelle della media europea”.
Secondo l’Authority, le novità già introdotte consentono agli operatori alternativi di recuperare fino al 60 per cento della redditività, tanto che si è notato anche un aumento degli investimenti ma non sui network più importanti, sulle reti di nuova generazione, quelle capaci di trasportare enormi quantità di dati e di fornire servizi dati/fonia di nuova concezione. Il futuro, ha ribadito Calabrò , è la fibra.
Ma cosa osta all’emergere definitivo della fibra ottica? I costi di posa, naturalmente, che però potrebbero essere più facilmente affrontati secondo Calabrò se gli operatori stringessero maggiori sinergie ed accordi con i comuni e con gli enti locali, collegando così agli investimenti in corso per le utilities come i trasporti pubblici o gli acquedotti anche quelli per la fibra ottica, pervenendo a risparmi potenzialmente enormi per l’allestimento delle nuove reti.
A rendere meno isolata la posizione di Calabrò ci ha pensato ieri uno dei massimi dirigenti di Telecom Italia, Stefano Pileri , che alla stampa ha voluto dichiarare che l’incumbent è pronto a far sì che sia il mercato a definire i prezzi dei servizi di accesso, compresa – ha sottolineato – la NGN, la rete di nuova generazione. Su come gli altri operatori potranno accedere o fruire di NGN, peraltro, Punto Informatico ha da tempo iniziato a raccogliere le preoccupazioni di chi teme che sulle nuove reti si ripetano i comportamenti e i modelli che già hanno a suo tempo appesantito lo sviluppo dell’ADSL.
Secondo Pileri, comunque, su questo c’è un dialogo ampio e franco con l’Autorità TLC, anche laddove certi prezzi debbano essere sottoposti a regolamentazione. Per Telecom un elemento essenziale è far sì che la redditività delle nuove infrastrutture sia correlata al rischio rappresentato dagli investimenti per la loro realizzazione, come a dire che più abbia chi più investe.
A guastare un certo clima ci ha pensato la diplomazia di Vodafone: l’amministratore delegato della divisione italiana del colosso delle TLC, Paolo Bertoluzzo , ha insistito sul concetto di separazione della rete Telecom . La richiesta all’Autorità di Calabrò è che vi sia a breve l’auspicato incontro con tutti gli operatori interessati a questa misura che, a suo dire, è l’unica via ad uno sviluppo reale dei servizi di TLC italiani. Come noto, si tratta della possibilità che la rete infrastrutturale Telecom e la gestione della stessa siano separate, affinché il fornitore incombente cessi di essere concorrente dei propri clienti a 10 anni dalla liberalizzazione del settore TLC.