La legge in materia di e-personification, che punisce chi in Rete si nasconde dietro un nome altrui, è entrata in vigore in California da pochi giorni , ma Twitter è già pronta a seguirne l’impostazione. A dimostrarlo, la protesta (accolta) di Apple per un account che prendeva in prestito senza permesso l’immagine e il nome del suo CEO, Steve Jobs. Con intenti umoristici non evidenti ad un occhio superficiale.
I primi dubbi erano relativi proprio alla manifestazione di satira: quanto esplicita deve essere un'”impersonificazione” per essere perseguibile a norma di legge? Twitter ha, da prima delle disposizioni californiane, stabilito delle linee guida in materia di account verificati.
Dal CEO Apple viene il primo caso: non si tratta del più famoso Fake Steve Jobs del blog “Il diario segreto di Steve Jobs” (salvaguardato dal fatto che già nell’URL è contenuto il suffisso fake in italiano falso , a fare luce sull’identità dell’autore), ma dell’utente che su Twitter si fa chiamare @ceoSteveJobs , già salito agli onori della cronaca per essere stato scambiato per l’originale dal Daily Mail .
Dal momento che neanche nella bio o nello username l’utente chiarisce la persona realmente nascosta dietro l’account, è al centro di una delle prime proteste ufficiali , per dirimere la quale peraltro appaiono sufficienti proprio le linee guida di Twitter in materia: Apple si è rivolta al tecnofringuello per chiedere spiegazioni. Questo ha scritto all’utente, dandogli 48 ore per chiarire l’intento parodistico dell’account (aggiungendo qualcosa tipo “Fake” o “Not” nel nome).
Al momento l’ account risulta attivo , con la spiegazione esplicita che si tratta di una parodia presente solo nella bio.
Claudio Tamburrino