A stabilirlo è stato un giudice d’appello in terra californiana: far finta di essere un altro utente su Facebook costituirebbe una violazione del codice penale locale, specie se in seguito allo sfruttamento fraudolento delle credenziali d’accesso appartenenti ad un iscritto terzo .
Il giovane Rolando S – questo il nome usato nel testo della sentenza – avrebbe ricevuto via SMS la password scelta da una non meglio specificata ragazza in blu. Come sottolineato dallo stesso giudice californiano, il ragazzo avrebbe volontariamente conservato la preziosa informazione, per poi arrampicarsi sul muro virtuale della ragazza .
Rolando S avrebbe poi fatto finta di essere lei, postando ed inviando ad altri messaggi a sfondo pruriginoso o pornografico. Uno scambio d’identità considerato come un vero e proprio furto, punito dal giudice con un anno di detenzione tra le mura di un centro di recupero per giovani .
Dopo la sentenza in primo grado, Rolando S aveva sottolineato come l’invio dei messaggi facesse semplicemente parte di un gioco. Il giudice d’appello ha invece parlato di un vero e proprio reato legato al furto d’identità a mezzo password . Dunque una violazione delle previsioni del codice penale californiano.
Mauro Vecchio