A distanza di quasi quattro anni dallo scandalo Cambridge Analytica, un tribunale federale dell’Australia ha respinto l’appello di Facebook (oggi Meta) contro la denuncia presentata dal garante della privacy a marzo 2020. L’azienda di Menlo Park aveva dichiarato di non aver raccolto i dati degli utenti nel paese. Meta rischia una sanzione fino a 1,7 milioni di dollari australiani per ogni violazione.
Cambridge Analytica: ancora problemi per Meta
Lo scandalo Cambridge Analytica è stato sicuramente quello che ha maggiormente evidenziato l’uso indiscriminato dei dati degli utenti Facebook. La società di consulenza ha raccolto numerose informazioni personali attraverso l’app This is Your Digital Life per creare profili utilizzati principalmente durante le campagne elettorali. Secondo il Guardian, Facebook sapeva della violazione dei termini del servizio da almeno due anni, ma solo in seguito alla sua scoperta ha bloccato l’applicazione.
L’azienda di Menlo Park ha quindi pagato multe in diversi paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e Italia. Il garante della privacy australiano ha denunciato Facebook a marzo 2020 per aver consentito la raccolta e la vendita dei dati di oltre 311.000 utenti.
L’azienda guidata da Mark Zuckerberg aveva cercato di negare il suo coinvolgimento, ma l’appello è stato respinto. Il caso può quindi procedere con le prime audizioni in tribunale. Se Meta verrà ritenuta colpevole di violazione della legge sulla privacy, il giudice potrebbe infliggere una sanzione fino a 1,7 milioni di dollari australiani per ogni violazione.