Con l’avanzare della crisi economica sullo sfondo, i governi delle nazioni più sviluppate animano il dibattito sui presunti vantaggi di un’adozione estesa del software a codice aperto , ideale viatico di una drastica riduzione di costi ma anche potenziale vettore di insicurezza laddove già si hanno problemi a non smarrire milioni di record su cittadini ignari di aver fornito informazioni sensibili a un governo dimostratosi poco attento in materia.
In Canada le autorità hanno distribuito una richiesta di informazioni con lo scopo di raccogliere un buon numero di pareri dei cittadini sull’impiego del software FOSS nei sistemi governativi, siano essi client, server, OS, suite di produttività e altro ancora. Dopo un decennio di bilanci in attivo, il paese è ora costretto ad affrontare un passivo economico come diretta conseguenza della recessione mondiale, e sebbene la situazione sia molto migliore che altrove, si cerca comunque di tagliare i costi e risparmiare in ogni modo.
Dai cittadini lo stato canadese vuole dunque sapere quali potrebbero essere i costi occulti, come funzioni la gestione delle licenze, quanto sia valida l’interoperabilità degli standard per valutare tutti quei fattori cruciali per il buon funzionamento delle amministrazioni, inclusi i criteri sin qui seguiti per valutare il software commerciale adottato.
D’altronde in Canada si parla di open source da un pezzo : il partito dei Verdi, che ha preso il 6,8 per cento dei voti alle elezioni federali del 2008, evoca espressamente uno scenario di ampia adozione del software FOSS sulle infrastrutture IT del paese, l’associazione non-profit FACIL ha denunciato lo stato sulla mancanza di trasparenza dell’acquisto del software proprietario e l’ Associazione Canadese dell’Open Source sostiene che il principale impedimento alla crescita di un mercato open interno sia la mancanza di consapevolezza sulle sue specificità e potenzialità.
Nel Regno Unito poi si parla espressamente di sicurezza, ovverosia della presunta inferiorità del software open source rispetto a quello commerciale, un’ipotesi evocato dalla società Fortify Software (che ha base negli USA) che si è espressa sulle polemiche tra il partito conservatore e quello laburista attualmente in carica sul mancato supporto da parte di quest’ultimo del codice FOSS.
Chi, come i Tory, parla di insuccesso nell’abbracciare le magnifiche sorti dell’open source, dicono da Fortify, in realtà ignora quali siano i rischi connessi a un siffatto switch perché “una nostra ricerca interna ha concluso che il software open source espone gli utenti a rischi aziendali significativi e non necessari, visto che la sicurezza non viene spesso presa in debita considerazione lasciando campo libero alle vulnerabilità e alle falle di sicurezza”.
Non che il software a codice chiuso sia perfetto, beninteso, ma quelli di Fortify si dicono convinti del fatto che “le applicazioni commerciali tendono a ottenere patch molto più velocemente dell’open source, perché chi sviluppa il software ha molto di più da perdere di un programmatore open source”.
Alfonso Maruccia