Inviare autoscatti osé può essere pericoloso per la reputazione, ma inviare immagini spinte di qualcun altro può portare al carcere. Succede in Canada, dove una adolescente di 17 anni è stata giudicata colpevole per aver spedito alcune fotografie di nudo dell’ex-fidanzata del suo ragazzo. Il caso risale al 2012, quando l’allora 16enne (le cui generalità sono protette dall’anonimato in quanto ancora minorenne) scoprì che il suo fidanzato era ancora in contatto con la vecchia fiamma, così dopo averla minacciata via Facebook e con alcuni SMS decise di colpire quest’ultima nell’orgoglio diffondendo cinque scatti fin troppo espliciti archiviati sul telefono del fidanzato.
Non si tratta in assoluto di una novità , poiché tra social network e applicazioni per la diffusione di foto casi del genere sono purtroppo all’ordine del giorno, specie nel Nord America, dove ci sono diversi precedenti come i suicidi di Rehtaeh Parsons e Amanda Todd, adolescenti vittime di cyberbullismo. Fatti che hanno spinto il governo ad affrontare il problema con campagne sociali e dure leggi, che nei casi più gravi prevedono una condanna a cinque anni di carcere.
Il verdetto del giudice Chandra Fisher segue tale scia e intende “dare un monito agli adolescenti, che troppo spesso divulgano online materiale inappropriato senza pensare alle possibili conseguenze”. A cambiare le carte in tavola è però l’accusa di sexting che pende sulla testa della 17enne, attualmente libera dopo aver pagato la cauzione e in attesa del pronunciamento della corte costituzionale canadese che arriverà nei prossimi mesi.
L’avvocato difensore Christoper Mackie ha presentato subito ricorso contro la decisione, poiché la ragazza ha riconosciuto l’errore, che a suo dire rientra però nella sfera del cyberbullismo e non della pedopornografia infantile. L’opinione pubblica canadese sta discutendo animatamente sul caso, riflettendo sulla differenza di trattamento tra adulti e minori, con questi ultimi che possono liberamente scambiare tra loro immagini di nudo senza incorrere in reato. Senza dimenticare che le foto compromettenti furono mostrate volontariamente dal ragazzo alla nuova fidanzata e che sexter e vittima, entrambe minori, erano separate da un solo anno di età. Aspetti considerati marginali dal giudice che, dopo aver esaminato con una certa difficoltà gli oltre 36.000 messaggi spediti dai vari protagonisti della vicenda, ha usato la mano pesante per un fenomeno praticato da circa il 20 per cento degli adolescenti americani (Usa e Canada) tra i 16 e 19 anni.
Alessio Caprodossi