Bell Canada è nell’occhio del ciclone: le pratiche di traffic shaping adottate dall’azienda per salvare centinaia di migliaia di utenti da congestione e rallentamenti sono bombardate dalle critiche e sono nel mirino della giustizia.
Sono i provider che fanno affidamento sull’infrastruttura di Bell a far emergere nuovi dettagli delle pratiche messe in campo dall’operatore: nel tentativo di provocare l’intervento dell’autorità che regola le TLC canadesi affinché Bell non possa rivendere banda razionata a proprio piacimento, la Canadian Association Internet Providers ( CAIP ) ha portato a propria testimonianza dei dati concreti. Scaricando a mezzo torrent delle copie legali di programmi free, i tester hanno riscontrato , dal primo pomeriggio fino alle prime ore notturne, un rallentamento coatto del traffico imposto dall’operatore.
Per quasi dieci ore al giorno la banda sembra prosciugarsi : “Agli utenti che usano delle applicazioni o accedono a contenuti nel mirino del sistema di traffic shaping di Bell – spiegano da CAIP – viene sostanzialmente impedito di fruire appieno del servizio per il quale hanno stipulato un contratto”. Pare inoltre che Bell si concentri sugli utenti che utilizzano applicazioni P2P: una volta individuato l’utente che fa uso di sistemai di file sharing, tutto il suo traffico passerà per il setaccio dell’operatore perché venga contenuto entro limiti che non possano compromettere la qualità dei servizi offerti ad altri utenti.
Bell Canada non retrocede dalla propria salda posizione: non basta investire nell’infrastruttura, asserisce l’operatore, non basta potenziare la rete per garantire agli utenti banda in abbondanza. A parere di Bell Canada è un eterno rincorrersi di disponibilità di banda e di avidità di banda : ad un potenziamento dell’infrastruttura, corrisponderebbe il germogliare di applicazioni che richiedono più banda, applicazioni che finirebbero per creare i medesimi problemi che si stanno affrontando ora. L’unica soluzione, spiegano da Bell con una metafora tristemente calzante, è creare “corsie preferenziali”, un proposito che suona tanto più inquietante se lo si affianca al lancio del video store dell’operatore.
L’incumbent riconosce che sarebbe stata necessaria più trasparenza nell’informare i rivenditori di servizi di banda larga delle operazioni sul traffico condotte sulla propria infrastruttura, per evitare che pubblicizzassero i propri servizi promettendo quel che Bell impediva loro di offrire. Ma non si spende alcuna parola per gli utenti, che nel frattempo rumoreggiano.
Avranno la possibilità di accodarsi ad una class action intentata con il supporto dell’ Union des consommateurs con la quale si chiede che l’operatore li risarcisca di 600 e di 1500 dollari, rispettivamente per averli attratti con della pubblicità ingannevole e per aver attentato alla loro privacy con le pratiche di deep packet inspection. Si chiede inoltre che Bell Canada li rifonda dell’80 per cento di quanto ciascuno di loro ha pagato per sottoscrivere un abbonamento che prometteva banda a profusione. Abbonamenti che negli States invece stanno cambiando aspetto , transitando da offerte flat verso offerte a consumo .
L’associazione di consumatori chiede inoltre che il comportamento adottato da Bell Canada venga dichiarato illegale. Un’aspirazione che potrebbe trovare accoglimento con la proposta di legge a tutela della net neutrality presentata nei giorni scorsi presso il parlamento canadese.
Gaia Bottà
( fonte immagine )