Fuori dalla rete i post anonimi, fuori i commenti non firmati, puniti operatori dei forum, blogger e webmaster che non sono in grado di spifferare l’identità di coloro che lasciano tracce online. A rivendicarlo con vigore, un parlamentare del Kentucky: la sicurezza dei netizen è prioritaria persino rispetto alla Costituzione.
La proposta di legge del representative Tim Couch mira a edificare una Internet ordinata e controllata : non solo quanti sono esposti nelle gogne di stato ma tutti coloro che si esprimono in rete dovranno registrarsi con i propri dati personali , fornire la propria email e il proprio recapito all’operatore del sito al quale desidera contribuire. No agli pseudonimi, no ai nickname, no alle identità parallele: ogni commento, ogni post sarà affiancato da nome e cognome di colui che l’ha scritto.
È un provvedimento indispensabile per prevenire atti di bullismo online: “Cose molto cattive sono state dette a proposito di alcuni scolari delle mie parti, in genere dai loro coetanei – ha spiegato Couch – ma nemmeno gli adulti si tirano indietro”. Couch ammette di essere rimasto scottato in passato da commenti poco generosi: nessuna firma riconducibile ad alcun cittadino, nessun obiettivo contro il quale canalizzare la propria ira: “Quando sei protetto dall’anonimato – ha osservato con acume Couch – puoi dire qualsiasi cosa tu voglia su chiunque e nessuno saprà chi sei”.
Poco importa che la proposta di legge sia spudoratamente incostituzionale, poco importa che il bill possa ridurre al silenzio gli attivisti e l’intera società civile: bulli, provocatori e troll sono una piaga sociale , è necessario richiamare l’attenzione di tutti sulla questione e tentare di affrontarla con la armi di cui si dispone, ha spiegato Couch.
A sobbarcarsi l’onere di mettere a tacere il vociferare anonimo saranno webmaster e amministratori di forum: a loro spetta la responsabilità di togliere la maschera ai netizen che agiscono sotto pseudonimo, a loro la responsabilità di organizzare un registro contenente ogni dettaglio degli attivi frequentatori del proprio spazio web. Un archivio al quale attingere qualora si verificassero episodi di diffamazione, qualora un netizen disseminasse online informazioni false e tendenziose: in questa contingenza entrano in gioco gli indirizzi e i contatti racimolati dai webmaster, utili a rintracciare all’istante colui che ardisce esprimersi pubblicamente sbandierando il proprio nome.
Chi non ottempererà alla legge sarà multato: 500 dollari per il primo commento anonimo che compare sul sito, sanzioni che raddoppiano in caso di recidiva. In bilico tra la padella legislativa e le braci di utenti che temono per la propria riservatezza, amministratori e webmaster saranno costretti a proteggere il database dall’assalto dei malintenzionati alla ricerca di contatti e dati personali con l’acquolina in bocca.
Ma sono solo speculazioni: la proposta si infrangerà contro stratificazioni di leggi e di sentenze, non scalfirà diritti , verrà sbaragliata dall’ inapplicabilità . La rete non funziona come crede il representative Tim Couch.
Gaia Bottà