Roma – Ha accusato i produttori di telefoni cellulari di avergli causato un tumore dietro l’orecchio ma ora il neurologo americano sembra proprio costretto ad arrendersi. Una corte d’appello ha infatti confermato il giudizio già espresso in primo grado: nulla prova che vi sia una relazione tra la terribile patologia sviluppata dall’uomo e l’intenso uso che ha fatto di cellulari.
Nel 2000, Christopher J. Newman e la moglie avevano chiesto 800 milioni di dollari di danni a Motorola e Verizon, sostenendo che il tumore individuato dietro l’orecchio destro di Newman era stato causato dalle quasi 350 ore di utilizzo di un telefono mobile analogico tra il 1992 e il 1998.
Lo scorso ottobre il tribunale di primo grado aveva sentenziato l’insufficienza delle argomentazioni dell’accusa, incapace, secondo il parere dei giudici, di dimostrare una relazione credibile tra tumore e cellulare.
Va detto che a sostegno dell’accusa i Newman avevano fatto testimoniare l’oncologo svedese Lennart Hardell (qui in una vecchia immagine). Hardell ha presentato in tribunale i risultati di una sua ricerca secondo cui l’uso dei telefonini può aumentare il rischio di sviluppare un certo tipo di tumori benigni.
Il giudice di primo grado e quelli d’appello hanno ritenuto che la ricerca di Hardell non potesse essere applicata al tumore maligno sviluppato da Newman. Ed è questa la ragione della bocciatura delle tesi dell’accusa e non, come qualcuno potrebbe pensare, la dimostrazione dell’assoluta innocuità dei cellulari.