Roma – Non c’è dubbio: dopo l’eliminazione dei costi di ricarica e della scadenza del credito prepagato, il nuovo credo è l’abolizione dello scatto alla risposta. Ne parlano sempre più spesso gli utenti e le associazioni di consumatori, al punto che persino l’ Authority delle Comunicazioni fa propria l’iniziativa e propone un emendamento al decreto Bersani affinché – prima che sia convertito in legge – elimini anche questo balzello. E qualcuno sta prendendo la mira anche sul canone Telecom e sulla tassa di concessione governativa.
Il presidente Agcom, in verità, ha addirittura fatto proprie anche le parole che Andrea D’Ambra aveva usato per presentare la petizione online varata per cancellare i costi di ricarica: “È un’anomalia tutta italiana” dice Corrado Calabrò, parlando dello scatto alla risposta, nelle dichiarazioni raccolte da un articolo pubblicato dal Corriere della Sera . Nel mirino di Agcom sarebbero entrati inoltre anche i costi di roaming internazionale, cosa che potrebbe fare la felicità degli utenti e di Viviane Reding, commissario UE per la società dell’informazione e i media, che da quasi un anno si batte per eliminare queste tariffe che lei stessa ha definito “spropositate”.
Sull’abolizione dello scatto alla risposta intervengono i Consumatori con reazioni contrastanti, di compiacimento da una parte e di allarmismo dall’altra. Allineandosi a quanto Adiconsum ha già detto ieri , Antonio Longo, Presidente del Movimento Difesa del Cittadino , commenta: “Bene la proposta del Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Calabrò, di inserire un provvedimento ad hoc nel decreto Bersani sulle liberalizzazioni: costituirebbe una risposta tempestiva al balzello dello scatto alla risposta e renderebbe più trasparente l’offerta dei gestori, oltre che più consapevoli le scelte e la percezione di spesa degli utenti”.
Anche Telefono Blu Consumatori sta preparando, sul sito SOS consumatori , una campagna per l’abolizione dello scatto alla risposta, definita come l’anomalia “più perniciosa”. E non poco onerosa, considerando attendibili i suoi calcoli: “Se calcoliamo 100 milioni di telefonate al giorno (cifra molto attendibile visto che ci sono oltre 40 milioni di utilizzatori) con una media ponderata ed un costo minimo di 15 cents di scatto alla risposta, arriviamo ad un costo per i consumatori di 5,5 miliardi all’anno, considerando ovviamente solo le compagnie che lo praticano”. Secondo Telefono Blu la lunghezza delle telefonate non basta a considerare ammortizzabile quanto addebitato per lo scatto alla risposta: “Inutile eseguire un conteggio per minutaggio dimostrando la diminuzione dei costi con il passare dei minuti, perché il problema è un altro. Bisogna spendere per quanto realmente si consuma”. E l’associazione si dichiara pronta ad aprire una campagna di protesta a base di “petizione on line, sciopero delle telefonate, strategie di consumo, rifiuto di nuovi profili”.
Lo stesso D’Ambra, in veste di presidente dell’associazione di difesa dei consumatori Generazione Attiva , spende parole favorevoli: “I cittadini devono pagare quello che consumano, lo scatto alla risposta va eliminato e la tariffazione deve essere al secondo e non al minuto come invece avviene oggi per la stragrande maggioranza dei piani tariffari, solo in questo modo si farà pagare l’effettivo consumo al consumatore”.
“Stiamo studiando la cosa, dal punto di vista normativo c’è un approfondimento da fare” dichiara in un’intervista alla Camera il ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani, che aggiunge: “In via generale da adesso in poi ci sarà un governo molto attento ai suggerimenti dell’Autorità in materia di concorrenza”.
“Bersani – commenta in una nota il presidente dell’ ADOC Carlo Pileri – “ha ragione quando parla di un cittadino italiano di serie B. Negli altri paesi europei si paga per quanto si parla, senza altre componenti di costo che vanno a gonfiare la spesa degli utenti anche perché solo così è possibile comparare le tariffe”. ADOC si dice però anche “preoccupata per i possibili scenari derivanti dalla fine di certi privilegi a favore delle compagnie. Non ci stiamo – prosegue – a subire le ritorsioni delle compagnie sulle vecchie tariffe e sui nuovi profili tariffari proposti ai consumatori. Se reale vantaggio deve esserci per i cittadini, chiediamo che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni vigili sull’andamento delle tariffe”.
Fuori dal coro di generale compiacimento si chiama invece ADUC , che in merito alla proposta di Calabrò dichiara: “Ci sembra pericolosa oltre che inutile”. Inutile perché “questo introito i gestori lo prenderanno da un’altra parte, proprio come sta accadendo per i costi delle ricariche. La pericolosità è perché, come già per le ricariche, si confermerebbe che le tariffe di un libero mercato vengono invece fissate dallo Stato”. E questo, dichiara sempre ADUC, perché “cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia, cioè pasticcio anti-mercato era quello delle ricariche e altrettanto sarà questo dello scatto. Nella corsa a mettersi la medaglietta per chi vuole apparire più amico dei consumatori, non ci si rende conto che si sta solo facendo più male, agli stessi consumatori e alle aziende, nonché allo Stato: un’economia in cui le tariffe sono fissate per legge non è un’economia sana e con prospettive”. Lo scatto alla risposta, nonostante i pareri contrastanti, è comunque la nuova punta dell’iceberg. Si sta preparando un campo minato anche su tutti gli altri costi fissi della telefonia. A cominciare dai canoni, quello telefonico e quello addizionale sulle linee solo dati (ADSL nude): alla loro eliminazione mira la petizione lanciata da Anti Digital Divide , che così motiva la propria iniziativa: “La petizione pone in risalto come l’Italia sia in ritardo rispetto agli altri paesi per quanto riguarda la qualità dell’infrastruttura di rete, nonostante i circa 5 miliardi di euro, riscossi da Telecom Italia ogni anno, che dovrebbero essere impiegati per la manutenzione e l’ammodernamento delle linee. Questo fa si che la qualità dei servizi a banda larga sia scadente nonostante anche le tariffe ADSL siano tra le più alte d’Europa. Ad aggravare ulteriormente la situazione è la mancata copertura a banda larga per circa 10 milioni di utenti”.
Il canone è il bersaglio su cui anche Wind suggerisce di concentrare le mire, come si legge in un’intervista concessa al quotidiano la Repubblica dall’AD Paolo Dal Pino. Vistosi costretto a sopportare un onere stimato in 300 milioni per l’abolizione del costo delle ricariche, l’operatore consiglia, “invece di eliminare il costo delle ricariche” di pensare “al canone Telecom che da anni rimane invariato”. Non potendo alzare le tariffe, per non causare “un’emorragia di clienti” a favore delle compagnie più forti sul mercato, “per mantenere l’equilibrio” l’azienda si vede costretta anche a “ridurre gli investimenti strutturali e tagliare i costi operativi”. “Temo rischi per l’occupazione” dichiara Dal Pino.
C’è qualcun altro che non è contento dell’abolizione dei costi di ricarica: coloro che vendono le ricariche. “Sulle ricariche telefoniche non accettiamo più aggi da elemosina, siamo pronti allo sciopero” afferma Giovanni Risso, presidente nazionale della Fit, Federazione Italiana Tabaccai, alla notizia che gli operatori ridurranno ulteriormente i margini spettanti alla rete distributiva. “Non è giusto che i gestori penalizzino la nostra rete tenendo presente che, a titolo di esempio, in futuro su una ricarica da 10 euro il tabaccaio percepirebbe un margine medio lordo di circa 25 centesimi, mentre ora ne guadagna mediamente appena 30. E pensare che molti consumatori credono ancora che i costi di ricarica aboliti andassero tutti ai tabaccai. La verità è assai diversa”.
E oltre alle petizioni varate da più parti per l’eliminazione dello scatto alla risposta, compare in rete anche un’analoga iniziativa – ancora senza firme, al momento della redazione del presente articolo – mirata ad abbattere la tassa di concessione governativa che grava sugli abbonamenti degli utenti privati: “Questa tassa – recita la motivazione della petizione – oramai non ha più ragione d’essere, visto che il telefono cellulare non è più un bene di lusso come lo era all’inizio della sua commercializzazione, quando costava tanto sia come apparecchio che come tariffazione. È anche grazie a lei che si è venuto a creare terreno fertile per il mercato del pre-pagato in Italia, dato che quest’ultimo consente di avere il cellulare senza costi fissi periodici, i quali gravano sul costo del bene anche in caso di non utilizzo dello stesso”.
Sul patibolo delle gabelle, a questo punto, manca solo la tariffazione del traffico telefonico. Ma nessuno sembra avere ancora deciso di proporlo. Per ora.
Dario Bonacina