Se la speranza è l’ultima a morire, il Canone Rai è l’esempio lampante di come molti cittadini italiani non si siano arresi di vederlo un giorno cancellato dalle tasse da versare. Ogni anno costa 90 euro alle tasche delle famiglie in possesso di un televisore o decoder dotato di sintonizzatore TV.
Tuttavia, se le promesse in merito a questa imposta sono tante, in questi giorni si sta però intensificando una non solo guerra verbale contro l’abbonamento radiotelevisivo italiano. A continuare una battaglia serrata per avvicinarsi sempre di più a una possibile abolizione è il partito della Lega che nei giorni scorsi ha dichiarato:
Il canone di abbonamento alla Rai, istituito nel lontano 1938, è diventato una vera e propria tassa di possesso sulla televisione presupponendo il dominio dell’etere da parte dello Stato. Si tratta di un balzello antiquato e iniquo che non ha alcun motivo di esistere, anche in virtù del maggiore pluralismo indotto dall’ingresso sul mercato di nuovi editori e dall’apporto delle nuove tecnologie.
Perché il Canone Rai è visto con così tanto odio? Forse una spiegazione c’è ed è quella che ha portato alla luce ulteriori discussioni a tema. Chissà se in un futuro molto prossimo chi non vede l’ora di salutare per sempre questa tassa potrà dire: “Ce l’abbiamo fatta“.
Canone Rai: secondo alcuni è una tassa ingiustificata
Secondo le ultime dichiarazioni della Lega, il Canone Rai è oramai sempre più identificato come una tassa ingiustificata che colpisce indiscriminatamente qualsiasi utente. Senza differenza di età (tranne per gli ultrasettantacinquenni), reddito e/o utilizzo. Ecco le ultime dichiarazioni del partito con a capo il Vicepremier Matteo Salvini:
È un’imposta socialmente ingiustificata perché colpisce indiscriminatamente, indipendentemente dal reddito, dall’età e dall’utilizzo, e in particolar modo le fasce più deboli della popolazione.
In questi giorni però la battaglia si è trasformata in una proposta di legge accompagnata anche dalla volontà di abolire il Canone Rai. Firmata da Silvana Comaroli, pone l’accento su alcune dinamiche che dovrebbero aggiornare l’idea di questa tassa:
- eliminare una grave anomalia nel mercato delle telecomunicazioni, obbligando la Rai a confrontarsi con le regole del mercato e della corretta gestione aziendale;
- coordinare le norme della legge con la normativa che regola il settore, anche in relazione alla copertura del fabbisogno finanziario dei servizi di radiodiffusione, al fine di un’efficiente ed economica gestione dei servizi stessi.