A pochi giorni da una importante vittoria per il medesimo servizio, l’ormai celebre spazio Cara ADUC , dedicato dall’ ADUC alle lamentele degli utenti, finisce ora sotto le forche caudine di una condanna per diffamazione arrivata dal Tribunale di Palermo.
Oggetto del contendere, spiega la stessa ADUC, la lettera di un utente che in quello spazio web si lamentava di come era stato trattato da un’autofficina. Secondo ADUC, quel messaggio andava tutelato , come più in generale la libertà di espressione, perché altrimenti Cara ADUC e servizi analoghi in rete “avrebbero perso il proprio potenziale di strumento di difesa del consumatore”.
Secondo il giudice che si è occupato del caso, però, sebbene ADUC avesse offerto all’autofficina uno spazio sul sito per replicare a quella lettera, “non può dubitarsi che il contenuto complessivo della lettera, per la presenza delle modalità espressive, risulta avere una propria intrinseca capacità lesiva dal momento che esprime di per sé un preciso e suggestionante messaggio atto a suscitare fra i soggetti che accedono al sito il convincimento che (l’autofficina, ndr.) gestisce la propria attività commerciale in modo totalmente scorretto e spregiudicato, imponendo, talvolta, ai propri clienti, tramite vere e proprie offese e/o minacce, il pagamento di un prezzo superiore rispetto a quello pattuito”.
In buona sostanza, secondo il giudice si è dinanzi ad un caso di “vera e propria diffamazione” per la quale ADUC è ritenuta responsabile in quanto “sussiste l’obbligo da parte del gestore della pagina web di verificare le fonti informative con grande oculatezza, esaminandone con diligenza la attendibilità e controllando e verificando i fatti espressi. Lo stesso deve, inoltre, offrire la prova della cura posta negli accertamenti svolti per vincere dubbi ed incertezze prospettabili in ordine alla verità della notizia”. Inoltre, si legge ancora nella sentenza “il carattere lesivo dello scambio di esperienze dei consumatori (come definisce l’Aduc simili lettere) non viene meno”.
In base a queste considerazioni, il magistrato ha disposto l’oscuramento di parte della lettera e il pagamento da parte di ADUC delle spese legali delle parti.
Comprensibile la delusione dell’Associazione. Il giudice ha trattato quella lettera come la pubblicazione di un articolo di giornale, una visione che ADUC contesta, ritenendola esclusivamente parte di quel confronto di esperienze su cui si basa il proprio servizio. La domanda appare legittima: perché mai una segnalazione del tutto personale dovrebbe essere considerata alla stregua di un articolo di un giornale?
ADUC, che su questo fronte, come accennato, ha già vinto una volta a Padova e che aspetta un ulteriore giudizio anche dal Tribunale di Bari, sta nei fatti cercando di dare legittimità ad una pratica che su Usenet e moltissimi altri spazi web da molti anni è considerata del tutto naturale dagli utenti , ovvero la possibilità di raccontare in pubblico le proprie esperienze con soggetti pubblici e privati.
L’Associazione si augura che “almeno in termini matematici (la conta, cioè, delle cause che perdiamo e quelle che vinciamo) ci dia ragione e che non ci dissangui in termini economici (l’Aduc è autofinanziata e non accetta contributi dallo Stato). Noi lottiamo “solo” per l’affermazione di diritti e principi che riteniamo fondamentali nel nostro vivere civico e civile, e senza i quali crediamo che cittadini e consumatori sarebbero in maggiore balia di “furbetti” e profittatori. Ai giudici il difficile compito di cogliere i margini di quanto si sia fuori e dentro la legge. Alle carenze di quest’ultima, per esempio, l’applicazione di norme sulla stampa concepite quasi un secolo fa, quando era inconcepibile un uso così massivo della comunicazione individuale attraverso un strumento altrettanto inconcepibile come Internet”.