“Questa pagina non è disponibile“: questo messaggio accoglie gli utenti che seguono Casapound Italia su Facebook. Pagina rimossa, contenuti non accessibili. Chiusa anche la pagina del rappresentante Simone Di Stefano, il quale su Twitter – account ad oggi attivo – ha fatto il punto della situazione parlando espressamente di “abuso”:
Facebook ha chiuso la mia pagina, 140.000 iscritti. E quella di CasaPound, 250.000. Ha chiuso le pagine dei nostri consiglieri comunali democraticamente eletti. Un abuso, commesso da una multinazionale privata in spregio alla legge italiana. Uno sputo in faccia alla democrazia.
CasaPound: “è censura”
Sicuramente opinabile quantomeno la scelta dei tempi da parte di Facebook Italia, poiché la concomitanza tra il ban e le proteste di piazza contro il nascente governo giallo-rosso sono un facile invito per chi grida alla censura:
Un abuso commesso in un giorno simbolico. Un segnale chiaro di censura che per ora colpisce noi, ma indirizzato a tutta l’opposizione al Governo PD/5Stelle. Questo è solo l’inizio, chissà di cosa saranno capaci.
— Simone Di Stefano 🇮🇹 (@distefanoTW) September 9, 2019
Gianluca Iannone, presidente del movimento CasaPound, intende immediatamente agire per via giudiziaria e preannuncia una class action su Il Secolo d’Italia:
Questo è un chiaro tentativo di mettere il bavaglio a tutta quell’Italia che oggi stava in piazza senza simboli, ma con le idee molto chiare contro il governo delle poltrone a tutti i costi.
La spiegazione di Facebook Italia
Facebook Italia si difende con una prima dichiarazione ufficiale di un proprio portavoce:
Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Per questo motivo abbiamo una policy sulle persone e sulle organizzazioni pericolose, che vieta a coloro che sono impegnati nell'”odio organizzato” di utilizzare i nostri servizi. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Gli account che abbiamo rimosso oggi violano questa policy e non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram.
Il ban sarebbe stato portato avanti su più profili, sia su Facebook che su Instagram. Una scelta improvvisa, ma che non deve sorprendere: gli screzi tra le parti sono già iniziati mesi fa, quando Casapound ricevette una prima ammonizione a seguito delle segnalazioni su vari post che portarono al blocco di vari account. Quella odierna è una azione che viene a seguito della prima epurazione, risalente allo scorso mese di aprile, e che Casapound non esitò a definire come una “rappresaglia”.
Facebook spiega la propria azione non come una scelta ideologica, ma con una presa di posizione basata sui contenuti: l’impossibilità di tollerare oltre i messaggi veicolati ha imposto una scelta. Che oggi è stata mandata a segno, pur nella tensione di una giornata dal significato del tutto particolare.