Sam, cittadino statunitense del New Jersey e avido consumatore di macchine fotografiche marcate Casio “sin dal 2002”, si è visto rifiutare la richiesta di assistenza per il suo nuovo acquisto perché, a detta della corporation , la fotocamera era stata aperta, invalidando così la garanzia sul prodotto . Sam dice di non aver mai messo le mani “dentro” il dispositivo, ed è deciso a far sentire la propria voce sino ai piani alti del management aziendale.
La macchina, un modello Casio EX-F1 acquistato presso un negozio della città di Clinton, ha improvvisamente smesso di funzionare dopo appena sei mesi dall’acquisto rifiutandosi di accendersi e lasciando l’acquirente a rimirare una lucina rossa intermittente. Forte delle garanzia di 1 anno, Sam ha portato il dispositivo al centro riparazioni di Casio più vicino, ma dopo cinque giorni si è visto spedire una email con cui gli veniva comunicato il costo della riparazione, oltre 470 dollari .
Casio sostiene che la garanzia non è più valida, perché apparentemente la macchina è stata aperta avendo i tecnici trovato una “impronta digitale” all’interno. “Scandalizzato” ma determinato, Sam ha deciso di insistere con l’assistenza ottenendo in cambio solo la possibilità di ricevere indietro la macchina fotografica rotta o scegliere di pagare la cifra precedentemente comunicatagli per le riparazioni.
“Non ho aperto la macchina in nessun momento nel breve periodo di sei mesi in cui l’ho posseduta – scrive Sam in una lettera inviata al management di Casio – Non ho permesso a nessuno di aprirla, ed è sempre stata in mio diretto possesso”. “Usando la logica – continua Sam – perché avrei dovuto aprire una macchina fotografica da 1.000 dollari coperta da garanzia? Non sono un tipo tecnico, faccio il manager del marketing, non avrei nemmeno saputo come aprirla”.
La fiducia riposta da sempre in Casio si è infranta su un customer care intransigente, a cui Sam ha persino inviato una copia della sua impronta per un improbabile confronto con quella trovata all’interno della macchina, non ottenendo però alcun risultato. Casio avrebbe forse fatto bene a dare “il beneficio del dubbio” al cliente, suggerisce CrunchGear , piuttosto che pagare lo scotto di una pubblicità che più cattiva non si potrebbe.
“Sono in cerca di assistenza – scrive Sam – e spero di poter risolvere questo problema con Casio quanto prima è possibile e ripristinare ancora una volta la mia fiducia nel continuare a raccomandare e acquistare i vostri prodotti”. Sempre che l’impronta digitale di troppo non sia un ostacolo insormontabile per certe rigide politiche aziendali.
Alfonso Maruccia