Nel tentativo di porre rimedio al pasticciaccio della nuova legge sull’editoria , ieri si è presentato in commissione Cultura Ricardo Franco Levi , sottosegretario alla presidenza del Consiglio e tra i padri della normativa. Levi propone che venga ritoccato un articolo del provvedimento, laddove si parla di attività editoriali in Internet .
“Il comma aggiuntivo – ha dichiarato ieri – dice che sono esclusi dall’obbligo di iscriversi al Roc i soggetti che accedono o operano su internet per i prodotti o i siti personali o ad uso collettivo che non costituiscano organizzazione imprenditoriale del lavoro “. Secondo Levi questo significa “che sono esclusi i blog che non rientrano in questo comma teso a ridefinire le responsabilità di chi opera su Internet”.
Preso atto del desiderio di evitare che i blog siano coinvolti nel pasticciaccio, c’è da chiedersi se la nuova formulazione riesca nell’intento. È di questo parere Sergio Bellucci , responsabile per l’Innovazione in Rifondazione Comunista secondo cui, comunque, non siamo ancora arrivati all’obiettivo. “La proposta del sottosegretario Levi di un comma aggiuntivo all’articolo 7 del ddl sull’editoria – ha fatto sapere – sembra andare nella giusta direzione. Bisogna in ogni modo evitare nella legge di riforma non solo qualsiasi bavaglio, ma anche ogni margine di ambiguità che rischierebbe comunque di ridurre la libertà di espressione su internet. Quando il governo si mostra sensibile alle richieste legittime della collettività fa sempre la cosa giusta”.
Gli umori in commissione Cultura raccolti da Punto Informatico sono di sostanziale soddisfazione per il cambio di rotta, sebbene non si nasconda la necessità di modificare ulteriormente la lettera del provvedimento perché ad essere coinvolte siano esclusivamente le imprese editoriali, in particolare quelle che vogliano accedere alle provvidenze pubbliche per l’editoria.
Ne ha parlato lo stesso Pietro Folena , presidente della Commissione, secondo cui “oggi il governo, per bocca del sottosegretario Levi, ha fatto un primo passo importante riguardo la norma che rischia di estendere ai blog la registrazione presso il Registro degli Operatori delle Comunicazioni. Questo dimostra che le proteste e la mobilitazione funzionano e che il popolo di Internet può essere protagonista”. “Tuttavia – ha anche dichiarato Folena – penso anche che occorra ancor meglio precisare la proposta avanzata oggi dal sottosegretario Levi, perché possono esserci realtà di confine, come i siti internet informativi senza scopo di lucro e quelli partoriti da volontariato e da associazioni e in generale tutte quelle realtà che hanno come scopo l’informazione in sé e non la vendita dell’informazione”.
Intanto, sul provvedimento e sull’atteggiamento complessivo del Governo attorno alle problematiche della rete continuano a pervenire interventi di critica. Qui di seguito quelli di due associazioni, Assoprovider e AHR . Il comunicato di Assoprovider
Assoprovider esprime profonda delusione per la “nuova disciplina dell’editoria e delega al Governo per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione nel settore editoriale” varata dal Consiglio dei Ministri del 12 ottobre, che fa di ogni sito e blog un “prodotto editoriale” soggetto alla normativa sulla stampa: sembra proprio che alcune categorie si stiano rinsaldando nelle proprie posizioni protezionistiche, nonostante questo significhi la morte di Internet per come oggi la conosciamo.
Oggi siamo di fronte all’ennesimo tentativo di controllo dell’informazione promossa dal Governo? Siamo sicuri che la forte sollevazione di tutte gli attori coinvolti, associazioni, blogger, etc., avrà come conseguenza la bocciatura da parte del Parlamento di questo goffo esperimento di censura preventiva: ma l’ iniziativa resterà comunque simbolica dell’atteggiamento di gran parte della classe politica italiana nei confronti della Rete e dei suoi attori.
A tal proposito Assoprovider vuole portare ad esempio un altra legge, che non ha mai destato molto clamore, ma che è altrettanto grave e simbolica: il regolamento sul patentino degli installatori (D.M. 314/92) che stabilisce che qualsiasi terminale debba essere collegato direttamente o indirettamente alla rete pubblica esclusivamente da una società dotata di patentino, e quindi iscritta all’albo. Se negli anni passati questa legge fosse stata realmente applicata, come ad esempio per le installazioni ADSL, il risultato sarebbe stato la totale paralisi del settore delle comunicazioni italiane, in quanto considerato non “conforme”, intralciando l’informatizzazione e l’alfabetizzazione digitale del nostro paese.
La normativa è obsoleta e ci fa ridere dietro da tutta Europa, rende la maggior parte dei cittadini colpevoli della sua infrazione, e in più crea ostacoli alla concorrenza delle aziende italiane e soprattutto di quelle estere, che mai potranno capire che cosa è un “albo installatori”. Eppure è ancora in vigore.
Assoprovider ritiene quindi che le norme in oggetto ma anche molte altre, siano esse vecchie di 15 anni o di fresca elaborazione, rispondano alle stesse logiche protezionistiche e allo stesso errore di fondo: considerare la liberalizzazione delle TLC come un problema di “nicchia” e non come una priorità per l’intero paese.
Questo modo di legiferare è totalmente inadeguato e inapplicabile e necessita IMMEDIATAMENTE di una radicale revisione che tenga in considerazione la reale situazione del settore e non introduca inutili certificazioni e/o iscrizioni. L’unico risultato prodotto sarà il consolidamento delle posizioni oligopolistiche a scapito dello sviluppo e dell’innovazione tecnologica e l’imbarbarimento culturale e democratico del Paese”.
L’intervento di AHR – Associazione Hosters e Registrars
In un contesto come quello che si è scatenato in questi giorni relativamente al disegno di legge che prevede la registrazione al ROC per qualunque sito o prodotto editoriale, Gianluca Pellegrini – Presidente dell’AHR – si associa alle “urla” di autorevoli media e opinion leader che, contestando la proposta normativa, stanno ribadendo un principio di libertà e di giustizia disconosciuti solo in pochissime realtà mondiali.
“Mi sembra che l’Internet Italiano si trovi davanti all’ennesimo disegno di legge dannoso quanto inapplicabile che se passasse così come è stato presentato non farebbe altro che aumentare la convinzione dei cittadini di vivere in un paese dove la politica anziché cogliere le opportunità del nuovo che avanza, pensa solo ad imbrigliarlo in concetti politici palesemente anacronistici. Non solo: una tale normativa contribuisce a penalizzare il mercato del TLD nazionale “it”, con la conseguenza di indirizzare i fruitori di servizi Internet (nel caso dell’Hosting) verso fornitori e piattaforme server estere.
Mentre ci si aspettava che la nuova legge sull’editoria confermasse semplicemente le norme esistenti che da sei anni prevedono sì una registrazione ma soltanto per un ristretto numero di testate giornalistiche online, caratterizzate da periodicità, per avere accesso ai contributi della legge sull’editoria, la normativa proposta, attraverso una burocratizzazione della rete, non farebbe altro che portarci ulteriormente fuori dall’innovazione nella comunicazione, come dimostra la classifica dell’autorevole House of Freedom relativa alla libertà di informazione.
Ritengo inoltre che il Governo eviterebbe questi scivoloni semplicemente migliorando la sua conoscenza del mondo Internet Italiano, noi ci siamo messi più volte a disposizione e lo facciamo di nuovo. Nel nostro paese abbiamo bisogno di cogliere l’opportunità dell’innovazione rappresentata da Internet, non certo di ostacolarla, nemmeno per distrazione”.