1,92 milioni di dollari non sono una cifra proporzionata per risarcire l’industria dei contenuti che ha sofferto della messa a disposizione di 24 brani musicali attraverso Kazaa; 1,92 milioni di dollari sono oltre la deterrenza. La richiesta che si era abbattuta su mamma Jammie Thomas è mostruosamente esosa: per questo motivo il giudice che si sta occupando del caso l’ha ridimensionata. Sforbiciandola del 97 per cento.
Il processo a mamma Jammie, il primo a ospitare un condivisore sul banco degli imputati, non si è ancora concluso. La donna, madre di famiglia colta a violare il diritto d’autore ospitando 24 brani nella cartella condivisa di Kazaa, era già stata condannata a pagare: 220mila dollari, 9mila dollari per brano. Si era discusso della sovrapposizione dell’atto di mettere a disposizione dei contenuti e dell’atto di disseminarli, si era aperto un nuovo processo. Al culmine del quale si era ribadita la colpevolezza di Jammie Thomas, al culmine del quale era stata fissato un risarcimento pari a 1,92 milioni di dollari . Un brano condiviso, 80mila dollari da restituire all’industria.
I legali della donna avevano combattuto strenuamente, l’affondo della difesa aveva fatto leva sull’entità del risarcimento: definita sproporzionata , definita incostituzionale .
Spropositata, scioccante: così è ora stata riconosciuta dall’autorità giudiziaria la richiesta di risarcimento presentata dai detentori dei diritti per compensare i mancati guadagni che l’azione di Jammie Thomas avrebbe loro inflitto e per dimostrare ai cittadini della rete che condividere contenuti in violazione del diritto d’autore reca con sé delle conseguenze. “Eccessiva al punto da scuotere la corte”: il giudice Davis, incaricato di dirimere la controversia, ha ritenuto inappropriata l’entità del risarcimento fissato in precedenza.
I risarcimenti stabiliti per legge, ha ricordato il giudice, oscillano tra i 750 e i 150mila dollari per opera: queste somme dovrebbero al tempo stesso rappresentare un risarcimento a favore della parte lesa e rappresentare un deterrente . Per questo motivo sarebbe possibile fissare una quota superiore a quella che corrisponde ai danni effettivamente sofferti dall’accusa. Ma in questo caso quanto richiesto a mamma Jammie sarebbe fuori misura: “la necessità di ottenere un effetto deterrente non può giustificare un verdetto da due milioni di dollari per essersi appropriati e per aver distribuito illegalmente 24 canzoni con il solo intento di ottenere della musica gratuitamente”.
La giuria ha quindi fissato una somma ridimensionata: i brani condivisi da mamma Jammie valgono 54mila dollari , 2.250 dollari ciascuno. E il giudice Davies non ha negato che il prezzo da pagare resta in ogni caso alto. Jammie Thomas non sembra voler perdere l’occasione: i suoi legali meditano di chiedere un ulteriore sconto. L’accusa, per ora, non commenta: nei prossimi giorni potrebbe chiedere un nuovo processo.
Gaia Bottà