Due anni fa, molto prima del clamoroso processo a The Pirate Bay in Svezia, la vasta community di file sharer abituati a veleggiare sulla rete BitTorrent dovette affrontare la notizia delle indagini nei confronti dello staff di OiNK , il popolarissimo tracker delle release musicali in anteprima. Un caso giunto ora a conclusione per l’amministratore del sito, il 26enne britannico Allan Ellis, che è stato scagionato dalle accuse nonostante il tentativo della parte avversa di farlo apparire come un criminale incallito dedito al traffico illegale e all’accumulo di discrete ricchezze grazie al P2P.
Per gli uploader colpevoli dei leak degli album musicali la giustizia britannica si era già pronunciata emettendo condanne a lavori di utilità sociale per un numero variabile di ore. Ellis rischiava molto di più perché nei suoi confronti l’industria (e in particolare IFPI ) aveva imbastito accuse di associazione a delinquere tesa a favorire l’infrazione di copyright, accuse che gli avevano già procurato un periodo di detenzione che rischiava di ripetersi in futuro.
Le cronache dal processo parlano del legale delle major (Peter Makepeace) scatenato nei confronti di Ellis, che nelle cifre da lui indicate – “21 milioni di download, 600mila album e oltre, 300mila sterline” scandisce Makepeace descrivendo OiNK come una “cash cow” – verrebbe ritratto come un criminale che ha intascato almeno 183mila sterline in forma di donazioni degli utenti in favore del portale e del tracker.
Makepeace ammette le virtù tecnologiche di OiNK e (ancorché indirettamente) le doti di Ellis come coder e amministratore, ma prova contemporaneamente a fare a pezzi le prove presentate in precedenza (da parte del professor Birgitte Andersenok della University of London) circa l’impermeabilità delle vendite musicali rispetto al file sharing.
Di parere ovviamente contrari gli avvocati di Ellis, che si sono mossi sul doppio binario della difesa del loro assistito (dipinto come un “innovatore” il cui talento andrebbe tutelato e non fatto a pezzi da “qualche organizzazione dei media”) e la denuncia senza appello del comportamento delle etichette discografiche. Queste, secondo la difesa, non hanno fatto altro che usare il sito come forma di promozione dei loro stessi prodotti (prova ne sia il fatto che Ellis non abbia mai ricevuto alcuna richiesta di rimozione o chiusura) cambiando drasticamente comportamento una volta che OiNK era diventato troppo ingombrante. In quel momento, punzecchiano i legali, “magari hanno deciso di usare un approccio di marketing differente”.
Sia come sia alla fine la giuria ha stabilito che Ellis è innocente con un verdetto (inappellabile) all’unanimità. L’ex-admin del “Palazzo Rosa” del P2P musicale ha dunque chiuso i conti con l’industria musicale in terra britannica, e proprio mentre una serie di personalità del mondo dei media scrive una lettera aperta al governo in supporto dei piani “ammazza-P2P” contenuti nel discusso disegno di legge “Digital Britain”.
Il file sharing indiscriminato mette a rischio i posti di lavoro di oggi così come quelli di domani, recita la lettera indirizzata a Downing Street, una posizione che appare in netto contrasto con la decisione presa dalla giuria del caso Alan Ellis e che lascia presagire un iter non proprio facilissimo delle nuove norme in via di approvazione nel parlamento inglese.
Alfonso Maruccia