Prologo
Niente mentori, ed una strada ormai familiare. Obi-Wan questa volta è rimasto a casa, ed io torno alle origini su Tatooine.
Beh, certo non sono più i tempi del 1998, quando non sulla strada di Damasco, ma più modestamente nei pressi di viale Europa, ebbi una illuminazione. Forse per altri solo una pallida luce, ma per me una sentiero luminoso.
Non so se sapete, ma per l’undicesimo anno consecutivo nel belpaese si ripete un piccolo miracolo. Una comunità telematica estremamente originale e creativa si riunisce per un fine settimana, materializzandosi in un posto reale ma sempre diverso.
Se fosse un serial televisivo lo si definirebbe longevo, più di Star Trek ma meno di Doctor Who come numero di stagioni.
Essendo invece un evento spontaneo, autonomo ed autofinanziato, la sua cadenza regolare può definirsi solo un miracolo, magari miracolo in sedicesimo, ma comunque sorprendente.
Lunga è la strada
che anche quest’anno deve essere percorsa. La mancanza di un compagno di viaggio, ottima “guida” in tutti i sensi, anche automobilistici mi costringe ad una soluzione volante.
Il mio Ala-X è lungo solo 64 millimetri ed è di piombo come i soldatini di una volta. Ricorrere ad un più normale due-ali è praticamente obbligatorio, e per fortuna mesi fa ho scelto una compagnia senza bandiera. Il volo è breve, solo venti pagine dell’unico compagno che viaggia con me.
Ma come, ed il portatile dov’è?
È ben chiuso in valigia perché la batteria “intelligente” ha malignamente scelto la serata di ieri per scomparire, almeno a quanto mi dice il gestore dell’alimentazione, e trasformarlo in un piccolo desktop, ragion per cui per cui una presa di corrente è indispensabile.
Ma anche i libri mi “prendono”, e solo una brusca frenata (ecco a cosa servono veramente le cinture di sicurezza!) mi riporta alla realtà. Il panorama di Punta Raisi, con i giochi di luce di un pomeriggio dal tempo incerto, ha una profondità da effetto speciale. Se il buongiorno si vede dal mattino, anzi dal pomeriggio…
Una cuccia calda
Arrivo rapidamente dove ho prenotato un letto vero, ma ne trovo uno addirittura con baldacchino, e tre stanze che formano un appartamento più grande di quello in cui vivevo ai tempi dell’università. Tutto ad un prezzo stracciato al limite dell’incredibile (miracoli dell’e-booking).
Una rapida toeletta e subito via verso il Tempio Jedi.
Amici
Cavolo! Appena arrivato vedo poche persone (Hackmeeting inizierà ufficialmente domani), ma tutti indaffarati come un branco di castori: questo causa un leggerissimo senso di colpa a chi si sente in vacanza come me. M’imbatto subito in quattro o cinque dei soliti noti. C’è chi non vedo da un lustro, ed ormai esternamente siamo diversi come gli avventori della taverna di Mos-Eisley. Un abbraccio strizzacostole annulla le differenze esterne: siamo ancora noi.
Idee destrutturate
Sono venuto qui con una idea in testa. No, non un seminario. Quello, anzi quelli sono pronti e posso sempre parlare “a braccio” che è la mia specialità. No, avevo accarezzato l’idea di fare, per la prima volta in vita mia, un video, e non sull’Hackmeeting. La logistica e le occasioni sembravano esserci. Poi tempi e spazi hanno reso inattuabile il fare una cosa non organizzata. Ma siamo tutti qui: proveremo ad improvvisare, sai mai ne venisse comunque fuori qualcosa.
Le stanche ossa
richiedono ormai una sistemazione adeguata, e l’ora è tarda.
Però… Houston, abbiamo un problema. Qualche indigeno ha attaccato un cartello in cui invita i partecipanti a non recarsi nottetempo in una certa zona a piedi. Indovinate un po’ da dove passa la strada del mio residence? Due parole con gli angeli del luogo e trovo subito uno generoso strappo in scooter. Che bella cosa la solidarietà.
Il posto è diverso,
uguale ma opposto rispetto a quelli che hanno ospitato l’evento gli anni scorsi.
Di solito si tratta di posti riciclati, grandi spazi consumati dalla storia o più spesso dalla produzione e dal degrado urbano. Questo no, non è consumato, anzi è più che nuovo, non è nemmeno finito. È un immenso nonsisabenechecosa mai terminato in cemento con alcune rifiniture incredibilmente costose, come una scala di granito nero di cui mi diverto a calcolare il prezzo espresso in miei stipendi. Migliaia di metri quadri sequestrati alla mafia ed in attesa di utilizzi ufficiali, e nel frattempo ben sfruttati con utilizzi ufficiosi.
Partenza lenta
Cominciano ad arrivare gli altri soliti noti: sono quelli che lavorano e che non hanno potuto prendersi un giorno di ferie. Sono i più stressati, ma anche quelli più contenti di essere arrivati.
È la dura legge del codice
che colpisce chi indulge nelle bevande fermentate. Non posso proprio permettermi birre a stomaco vuoto se poi debbo battere su una tastiera qualcosa che abbia un senso, indipendentemente da che sia destinato ad esseri umani o a CPU.
I bisogni primari
quaggiù non sono soddisfatti da un unico virtuoso, ma da un’affiatata squadra che riesce sistematicamente a sfamare tutti quelli che non vogliono uscire a mangiar pesce, ma che per risparmiare tempo non si muovono da qui. Colazione, pranzo e cena, senza scelta ma di ottimo livello, non sono mai mancati, e come contorno una costante fornitura di simpatia. Persino io ho fatto la mia piccola parte in un momento di mancanza di caffè…
In prima linea
Ho segnato un bel colpo. Invece delle solite filippiche tecnofile e paranoiche ho provato a fare un seminario di storia. Della paranoia e della tecnologia ovviamente, ma comunque una cosa orientata sull’asse dei tempi, non su quello cyberspaziale.
È stata innanzitutto un’esperienza interessante per la difficoltà di realizzare un cambiamento di metodo, poi per quello di confrontarsi talvolta con la spiacevole necessità di riferire fatti senza poter controllare completamente le fonti, come puoi fare invece ogni volta che è il codice sorgente a dettare il ritmo.
Poi ho dovuto stare attento a “sceneggiare” una tirata di un paio d’ore in modo da non fare addormentare nessuno (oddio, uno in effetti ha dormito della grossa, vabbé). Però che ricompensa di vedere molte persone stanche restare lì tutto quel tempo e poi accapigliarsi e discutere ancora a lungo: ne vale la pena.
Colazione
Un vero letto ed una doccia aiutano molto la mattina, così mi presento bel bello al cancello (orpo, anche la rima!) e posso verificare che, come lunghi anni di esperienza mi hanno insegnato, le 9:30 del mattino non sono nemmeno l’alba sul fuso orario dell’hackmeeting. Aprendo a forza il cancello riesco ad entrare nel cortile, ma non trovo più la porta di ingresso, da cui pure sono passato la sera prima. Poi con un po’ di elaborazione dell’immagine fatta a livello mentale la trovo, persa dentro un enorme murales; chiusa è quasi invisibile.
Varcandola sembra di entrare dentro “Io sono leggenda”: buio rotto solo da qualche raggio luminoso proveniente da un finestrone, spazi ampi con corpi inerti gettati sui divanetti. In punta di piedi per non disturbare mi siedo e comincio il rito di indovinare i parametri per la connessione wireless. I morti cominciano a risorgere, ma molto lentamente. Lo spettacolo mi fa sentire un po’ Van Helsing senza il suo paletto di frassino. Poi mi ricordo che sono anch’io di casa, non ho proprio niente da temere.
Mito o realtà?
Le capanne dei suchi sono un meme che prospera da un paio di Hackmeeting, ma che cambia continuamente di significato e stenta a materializzarsi. Quest’anno dovevano essere chiacchierate a tema da svolgersi tra le tende. Se tutte le persone che le hanno nominate ci fossero venute non sarebbe bastato un tendone da circo, invece sono andate deserte come una assemblea condominiale in prima convocazione. Sic transit gloria mundi.
I simulacri di hacker
si fanno intervistare. Meglio interviste vere a persone vere che interviste sintetiche a simulacri di luoghi comuni. Sentir raccontare che un giornalista si è inventato l’intervista ad un hacker immaginario mi mette a disagio, ma poi mi ricordo che l’anno scorso a Pisa abbiamo fatto ben di peggio, inventando hoax tremendi che sono stati regolarmente pubblicati.
Magliette e lanspace
I lanspace agli Hackmeeting si somigliano tutti, ma qui il reparto magliette e libri ha una dimensione fuori del comune. Le magliette poi sono davvero carine, peccato che nessuno le compri. Ma la paghetta chissà dove viene spesa? Forse non si usa più.
Pensiero sequenziale
Ho fatto anche l’ascoltatore di seminari. Mentre ascoltavo cose interessanti ed anche alcune solenni menate, ho per la prima volta percepito una crescente difficoltà di esposizione. No, non parlo della difficoltà degli uditori a seguire un seminario astruso. Sono rimasto colpito dell’incapacità, perché di vera incapacità si tratta, di molti relatori ad esprimersi in maniera sequenziale. Persone al limite della genialità che si comportano come se avessero processori paralleli in testa. Come ne soffre la comunicazione però…
Una discesa agli inferi
Di web semantico non so un piffero, per quello che ne so potrebbe essere una cosa che si colloca in ordine alfabetico dopo antani, la supercazzola e tarapia tapioco. Per questo cerco la sala dove si tiene e chiedo la strada. Miiiiiiiiiiiiiiii, questo posto è davvero incredibbbbile. Da una porta in fondo si scendono una serie di rampe di scale e si arriva in uno stanzone enorme e lungolungo, che da una parte ha una rampa e dall’altra è completamente dipinto di nero e riempito da file di panche di legno e divani. Un videoproiettore solitario lancia il suo triste messaggio di non avere un segnale contro una parete totalmente nera. La sala (sala?) si popola lentamente ed arriva il nostro anfitrione. Psichedelico, le slide sono proiettate contro una parete completamente nera. Forse così tutto mi sarà più chiaro.
Ghostalk
Boooooooooo….
Ascolta, si fa sera,
e la cosa si fa strana. I frequentatori di Hackmeeting, da sempre una tregiorni venerdi-sabato-domenica, sanno bene che fino al giovedì sera ci sono solo i volontari a pulire, sistemare e montare, e che poi il venerdì mattina, con i locali ancora al lavoro, arrivano i fuorisede come me che costituiscono la maggioranza e partono i primi seminari. Poi altra gente comincia arrivare verso le 18 quando stacca dal lavoro, e l’Hackmeeting comincia ad affollarsi. La popolazione cresce ancora il sabato, per toccare il massimo la sera dopo cena.
Questa volta no. Uno sparuto centinaio di persone diluite in questi enormi spazi hanno dato vita ad alcuni eventi interessanti, ma poi si sono ritrovati sui divani, talvolta circondati da qualcosa di strano. Il silenzio, ospite inusuale da queste parti.
Il nettarello
è la cosa più bella che ho visto qui in giro. Un righello in plastica, un motorino passo-passo, una interfaccia USB ed un analizzatore di traffico realizzano un indicatore semicircolare molto retro’, che fa anche il verso a quelli Krell de “Il pianeta proibito”. Io sono buono, ma poi sono arrivati gli esperti di presaperifondelli ed hanno intortato un rappresentante dei media convincendolo che si trattava di uno strumento di controllo e regolazione del traffico di tutta le Rete.
Arrivano i cercatori di hacker
Anche oggi non sono mancati i duetti gentile signorina e uomo con telecamerone, che prediligono il sabato a fine mattinata. “Ma voi siete hacker? No, ma laggiù mi hanno detto di averne visto passare uno”. Farsi intervistare e prestarsi a certe risposte è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare, e quindi…
Finale senza botto
L’assemblea della domenica mattina conclude l’evento. Quest’anno meno persone hanno preso la parola e ci sono state meno polemiche. Anche meno progetti per il futuro però.
Non è la prima volta che è stato detto, ma l’Hackmeeting diventa sempre più un evento chiuso in se stesso. Una vacanza divertente per chi lo conosce, un evento avvolgente per chi ci capita la prima volta, una prospettiva diversa per i giovani, un luogo di condivisione per gli anziani. Bello sì, ma con tanti “meno”, una cosa molto chiusa in se stessa, una contraddizione in termini con la circolazione della conoscenza. Dobbiamo veramente fare qualcosa di più la prossima volta.
Marco Calamari
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